Mario Schifano nacque a Homs in Libia nel 1934 ma visse prevalentemente a Roma.
Artista dalla personalità magnetica, fu inizialmente influenzato dall’Informale.
Fece parte negli anni ‘60 ’70 degli esponenti della Pop Art italiana, ebbe contatti con Warhol e i più influenti artisti dell’epoca.
Eclettico, si interessò al cinema come regista e sceneggiatore. Nel campo dell’Arte figurativa è caratterizzato da un continuo mutamento stilistico, l’attenzione per i nuovi mezzi espressivi messi a disposizione dal progresso ed il mantenimento della sua matrice originaria che riadattò continuamente nell’evoluzione della sua ricerca verso nuove forme del linguaggio artistico.
La sua produzione racchiude vari cicli tra cui la Pop Art (marchi di Coca Cola, Esso, Rivisitazione Futurista), la serie di “Biciclette” in omaggio al ciclismo, sport a cui era molto legato che gli permise di disegnare per due volte la maglia gialla del tour de France e quella Rosa del giro d’Italia. Famosi i suoi “Paesaggi Anemici” e la serie di fiori, gli “Acerbi”, gli “Alberi della Vita” i “Campi di Grano”, le “Vedute Interrotte”, le foto fatte allo schermo della tv e reinterpretate con colori e pennarello.
L’arte di Schifano è un’Arte che non ti aspetti. Ad una prima occhiata i suoi quadri sembrano in verità semplici, quasi infantili, non curati, facili da riprodurre al punto che si è fatto di lui uno degli artisti più falsificati al mondo. C’è però qualcosa in ogni sua opera che attrae,
forse è il contrasto tra quella evidente semplicità di esecuzione, quella facilità e non curanza nell’espressione segnica che dovrebbe risolversi in un prodotto istintivo, più ingenuo che genuino.
Invece no. Schifano nel dipingere soggetti in modo semplice, riesce ad esprimere comunque una pittoricità che non ti aspetti.
Come si può rendere interessante una serie di cerchi su sfondo giallo descritti più semplicemente possibile? Come dipingere un campo di grano nel modo più infantile e renderlo appetitoso esteticamente? I quadri di Schifano hanno la caratteristica di contenere una qualità artistica che va oltre la semplicità espressa, come se Schifano la dosasse e la immettesse in ogni opera quel tanto che basta in modo da far capire che c’è, non di più.
Per quanto possa sembrare difficile da vedere in un primo momento, Schifano nelle sue opere non è mai ovvio, comunque innovativo, forse scontato per noi oggi, che su artisti come lui abbiamo costruito la progettazione estetica contemporanea, ma nella contestualizzazione del suo tempo, Schifano è un artista che ha posto solide basi alla grafica e al linguaggio dei media moderni.
Il destino riservato agli innovatori è quello di essere superati dal tempo, quando il nuovo, troppo riprodotto, diventa scontato e obsoleto. Come un film di Totò visto da un bambino che conosce le battute stracopiate nei film più recenti e pensa che l’originale sia invece una copia, il pubblico ha spesso con Schifano un approccio non abbastanza significativo.
Schifano oltre che per il suo interesse storico, mantiene un fascino attuale per la sua pittoricità che lo preserva dal tempo, quel suo stile di pittore che vuole dipingere in modo semplice ma che non riesce a trattenersi dal far confluire nelle opere la sua visione educata dall’estetica, rivelata da pennellate descrittive, precise, sicure, una colorazione viva, contrasti esasperati, colature di colore, macchie sia negli sfondi che nei soggetti, evitando sempre la monotonia e la piattezza cromatica con una leggera ondulazione di toni, facendo apparire semplice quello che invece non lo è, differenziandosi dal banale con impercettibili tocchi di pennello o gocciolature.
Amato o odiato, artista controverso, capolavoro o sgorbio è il dilemma che affligge per molti l’opera di Schifano.
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