Caravaggio – Amore Vittorioso – 1602

Caravaggio – Amore Vittorioso – 1602

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Caravaggio – Amore Vittorioso – 1602

Uno dei dipinti più belli di Caravaggio (1593/1610) è questo “Amore Vittorioso” del 1602.
Fortemente curato nella composizione, il Caravaggio ci offre un doppio dipinto: una natura morta degna già lei di essere un capolavoro sullo sfondo e un Cupido, in una posa ricercata, ombreggiato in una parte con quella palpabile velatura che solo lui sapeva sapientemente dosare.

Perfetto, nel viso, nell’espressione, nell’anatomia, nella pittura delle ali e della loro tridimensionalità, il quadro è uno di quelli che hanno proiettato Caravaggio nell’Olimpo degli artisti di tutti i tempi.
Cupido vince in battaglia (l’armatura), nell’arte (gli strumenti musicali), nell’amore (il letto), nell’intelletto (la squadra), e ogni oggetto sopra cui si erge appare come simbolo di un nemico sconfitto, con in mano il suo arco e le sue frecce sentimentalmente letali, non può che sorridere soddisfatto.

Un’opera capolavoro di un Caravaggio che pare di corsa, tra una partita a carte e un duello, una fuga e una visita a corte, dipingeva velocemente, non poteva che essere così, la vita troppo breve concessagli non gli permetteva di indugiare. Con una semplicità disarmante, dipingeva in quel modo così descrittivo negli scorci di luce cadente e forte come nell’ombra, dove ancora di più si dimostrava possente interprete della natura umana, della descrizione della carne, delle pieghe della pelle, sempre magistralmente dipinte.

Sfuggito anche in questo quadro alla distruzione del disegno incastonato nel bruno assoluto delle ombre di Tiziano e del suo “Cromatismo Veneto”, Caravaggio dimostra una visione moderna delle ombre dando ampio spazio al loro riverbero chiaro sulle braccia e sulle gambe, dimostrando di essere già pronto per una rivoluzione cromatica di cui in verità nelle sue opere non si vede la necessità e che arriverà secoli più tardi, con Vermeer, Millet, Van Gogh, ma di cui nella descrizione morbidissima del pube si intravede un accenno.

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Cecco Boneri – Resurrezione – 1620

Gli storici sono solitamente del parere che il modello usato da Caravaggio per questo quadro fosse l’allora tredicenne Francesco Boneri o Buoneri, detto Cecco del Caravaggio, suo futuro allievo, compagno di zuffe e sortite in bettole malsane. A testimoniarlo, è anche un appunto dell’accreditato viaggiatore inglese Richard Symonds (1617–1660), di passaggio in Italia tra il 1649 e il 1651: “Checco del Caravaggio he called many he painted was his boy… it was ye body and face of his owne boy or servant thait laid with him”.

L’amicizia con Cecco, che si pensa abbia posato per altri suoi quadri, ha fomentato la credenza di una presunta omosessualità del Caravaggio di cui a dire la verità non c’è prova ma anzi, si ha notizia che Cecco fosse conosciuto per il carattere rissoso e per esser veloce a mettere mano al coltello.

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Caraveaggio – Bacco – 1595

Personaggio burrascoso e misterioso, sicuramente l’allievo più talentuoso, Cecco, nelle cronache del tempo entra ed esce dalla vita di Caravaggio. Qualcuno ha addirittura azzardato che fosse un suo figlio naturale, da qui il nome “del Caravaggio” e la forte intimità. Ipotesi fantasiosa, anche se, nel “Bacco” del 1595 dove un giovane Caravaggio si autoritrae, si nota la somiglianza sia con il modello di “Amore vittorioso” che con molti altri dipinti per cui ha posato Cecco (le due versioni di “San Giovanni Battista” del 1602 e 1610) .

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Caravaggio – San Giovanni Battista – 1602

 

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Caravaggio – San Giovanni Battista – 1610

L’omosessualità di Caravaggio, troppo velocemente attribuita agli artisti classici come fosse una moda, è in quest’opera smentita da una rappresentazione che esula dalla usuale iconografia di Cupido. Il maestro lombardo, non dipinge il dio Amore biondo, efebico, androgino, il suo Cupido è maschio, lo mostra con orgoglio. Figlio secondo la mitologia classica di Venere e Vulcano, sembra in realtà assecondare più la diceria per cui il vero padre fosse Marte. E’ infatti con spirito guerriero e un sorriso beffardo, poche volte concesso da Caravaggio ai suoi soggetti,che impugna gli strumenti del suo lavoro divino e si erge sopra i cimeli delle sue vittorie.

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Caravaggio – Amore Vittorioso (particolare) – 1602

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