Tra le varie figure enigmatiche e carismatiche di fine ‘800 e inizio ‘900 si può collocare sicuramente Fernand Edmond Jean Marie Khnopff (1858 –1921). Khnopff fu pittore belga originario di una facoltosa famiglia borghese di Bruges. Naufragato come studente di legge, a Bruxelles iniziò a studiare il disegno all’Académie Royale des Beaux-Arts.
Fu influenzato da Delacroix, Gustave Moreau (1826-1898) ma anche dai Preraffaelliti inglesi. Nel 1884 fu fondatore del gruppo “Les XX” assieme a James Sidney Edouard Ensor (1860 –1949), Jan Toorop (1858 –1928), Félicien Joseph Victor Rops (1833 –1898). Questi pittori oltre ad ispirarsi alle tendenze della vicina Francia dove erano attivi gli Impressionisti e dell’Inghilterra preraffaellita, si interessavano della pittura di Odilon Redon (1840 1916).
Classificato come pittore simbolista, Khnopff arrivò in verità al “Simbolismo” dopo un percorso estetico di pittura classico, dove spiccano bellissimi ritratti di dame a figura intera in splendidi, candidi vestiti finemente lavorati. Tra le tonalità avorio Khnopff dimostrò una intensa sensibilità con cui staccava di poco le sue figure dai fondali generalmente dipinti nella stessa assenza cromatica. Soggetto preferito di questa fase pittorica era la sorella Marguerite che poserà anche per la serie di quadri prettamente simbolisti.
A partire dal 1890 la sua pittura mutò radicalmente lasciando le finezze accademiche e orientandosi verso nuove estetiche preconizzatrici dell’Espressionismo, intestardendosi nello studio di volti sempre più idealizzati quasi a voler arrivare ad un personale archetipo del volto femminile.
Iniziò così la sua fase più controbattuta e affascinante, velata di mistero. È del 1991“Chiudo La Porta Su Me Stessa”, uno tra i suoi quadri più conosciuti e ambigui dove le sue misteriose dame androgine, dal mento arrotondato e forte, il naso minuto, l’espressione da sfinge, campeggiano all’interno di costruzioni compositive ben studiate ed architettate. I colori si arricchiscono di nuove sfumature e gli occhi delle sue modelle diventano fari illuminanti.
Si sente forte l’influenza di Dante Gabriel Rossetti: ne riprese la predilezione per certe caratteristiche quali ad esempio i capelli rossi, il ricorrente uso ed affezione ad una modella in particolare.
Lo studio di espressioni ricercate ed ascetiche si concretizzò anche nel modellato della “Maschera Della Medusa” del 1897, un conturbante viso femminile incorniciato da decorazioni floreali e campeggiato da due alette, dove ancora sono protagonisti occhi sbarrati che trattengono una forza interiore non comune.
Ma l’opera più famosa di Khnopff è sicuramente l’altro enigmatico quadro “La Carezza” del 1896, dove una giovane divinità posa accanto alla figura dalle caratteristiche di una sfinge, dal volto di donna e il corpo di leopardo. L’opera eseguita con particolare ricercatezza e virtuosità, con riferimenti allo stile Neoclassico, porta i virgulti di una visione ermetica, dove la simbologia spadroneggia tra citazioni comunemente adottate e riferimenti autobiografici più difficilmente interpretabili.
La citazione di una sfinge di per sé è già un avvertimento per chi osserva che lo si vuole introdurre in un tipo di figurazione non fine a se stessa, ma carica di enigmatiche congetture amabilmente nascoste. Khnopff ce ne fa partecipi tra i tranquilli gialli ocra e le terre che coprono la maggior parte della superficie dell’opera, inglobando anche parte dei soggetti, in una sorta di comunione spirituale interrotta però da una frontiera cromatica scura, esaltata da linee verticali.
Come esponenti di mondi diversi che si trovano accomunati in un momento topico, i due personaggi si scambiano effusioni dimentichi dei luoghi da cui provengono, dei diversi piani esistenziali che li separano e si godono il loro momento di intimità, quasi a volerlo prolungare per imprimerlo bene nelle menti, in modo che possa essere ricordato fino a quando se ne ripresenterà l’occasione. Le espressioni in cui traspare felicità ma anche malinconia, rafforzano la convinzione che la scena rappresentata sia effettivamente una eccezione alla normalità delle loro esistenze, come una breve visita ad un parente amato che rallegra ma allo stesso tempo rattrista, perché già porta in sé la consapevolezza del nuovo distacco.
L’ipotetica sfinge è qui ritratta con aria semifelina mentre fa le fusa all’uomo dalla chioma ramata. Su chi abbia rappresentato per Ferdnand Khnopff ci sono molte congetture, alcune autobiografiche dove la sorella Marguerite è protagonista, sul perché le abbia dato queste sembianze ci sono altre possibilità interpretative che esulano dalla logica terrena degli affetti familiari.
Curiosità: Il quadro compare in una scena del film “L’età dell’innocenza” di Martin Scorsese, del 1993.