Jean-Louis André Théodore Gericault – La Zattera Della Medusa – 1819

Jean-Louis André Théodore Gericault – La Zattera Della Medusa – 1819

Jean-Louis André Théodore Gericault – La Zattera Della Medusa – 1819

Uno dei quadri più conosciuti di tutta l’Arte romantica è “La Zattera Della Medusa” di Jean-Louis André Théodore Géricault (1791-1824).

Reinterpretato, copiato, citato da una miriade di artisti suoi contemporanei tra cui Delacroix e Turner e posteri,  è ormai assunto a simbolo di disgrazia e massima drammaticità. Fu dipinto nel 1818-19 e vuole rappresentare la scena di un avvenimento vergognoso realmente accaduto in quegli anni durante il regno francese di Luigi XVIII°.

Si racconta che il giovane Gericault era affascinato dagli avvenimenti sanguinosi delle cronache contemporanee e che cercasse fra questi i soggetti per i suoi quadri. Nel 1818 in realtà, spinto dalla sua morbosità aveva già abbozzato un quadro che raccontava l’omicidio di Fualdes, un procuratore imperiale ucciso per vendetta e poi fatto a pezzi, ma appena ebbe notizia di quella che fu definita la tragedia della nave Medusa, colse l’occasione per costruirci sopra uno dei suoi capolavori assoluti.

Nonostante l’attenzione per la meticolosa documentazione raccolta da Gericault, l’opera risultò  totalmente irrealistica, una visione trascendentale e appunto romantica di quello che successe il 2 Luglio 1816 e nei giorni a seguire. Se come già detto l’accadimento fu reale e documentato, né la zattera dipinta, né i personaggi, né la trama scenografica furono nella realtà così.

La Medusa era una nave in transito dalla Mauritania carica di profughi e soldati di ritorno in patria.

Agli ordini del comandante Hugues Duroy, malauguratamente si incagliò in una secca, si pensa a causa della sua inesperienza, poiché anche se anziano aveva in verità navigato pochissimo. Quello che poteva essere una notevole disavventura, si trasformò presto in un tragico e disastroso avvenimento perché ancora più mal gestito anche nelle fasi seguenti e perché il malaugurato caso volle che fazioni avverse armate fossero presenti sulla zattera.

Fu ordinato lo sgombero e dei 400 passeggeri, circa 250 si misero in salvo grazie alle scialuppe, gli altri 150 salirono su una zattera inizialmente trainata da barche, ma la pesantezza rese difficile la navigazione, così ben presto la situazione precipitò. Con l’acqua alle caviglie per 12 giorni i suoi occupanti restarono senza mangiare e senza acqua dolce e a causare problemi maggiori, fu il consumo dell’unico liquido bevibile: il vino. Ci furono due rivolte domate malamente durante le quali alcuni passeggeri scomparvero in acqua, nella prima furono uccise circa ottanta persone. Di altri avvenimenti inenarrabili pare si macchiò il comandante, violenze per lui necessaria a domare focolai ostili, punizioni per sacrileghi atti di cannibalismo. I superstiti parlarono infatti esplicitamente di cannibalismo che nell’inferno della Medusa si consumò a più riprese. Dei 150 imbarcati solo 17 furono infine raccolti dall’Argus ma solo12 si salvarono e raccontarono di scene terribili.

Ne seguì uno scandalo, il naufragio della Medusa fu identificato come la concretizzazione della lotta delle fazioni politiche presenti in Francia, l’intera vicenda fu addirittura presa a pretesto per far cadere il governo.

Charles de Lasteyrie – Révolte D’Une Partie De L’Equipage Sur Le Radeau De La Méduse

Se la litografia di Charles de LasteyrieRévolte D’Une Partie De L’Equipage Sur Le Radeau De La Méduse”  è una illustrazione che può ancora avere attinenza alla realtà, la versione della Medusa di Gericault diviene invece metafora, elevata a simbolo di sventura, epurata di dettagli che non servono alla qualità pittorica globale e trascurata in quelli che potrebbero essere definiti svarioni grossolani. Nel suo insieme si distacca in maniera netta dalla veridicità dei fatti, prova ne sono le anatomie, le muscolature ben toniche e modellate, le carni gonfie magnificamente dipinte che non tengono conto dei molti giorni di denutrizione a cui furono sottoposte.

E’ noto che Gericault per dipingere “La Zattera Della Medusa” usò un modello in legno simile fatto appositamente, descritto da un superstite e  anche cadaveri e loro parti, per poter osservare direttamente la rigidità cadaverica ma soprattutto per assaporare la bestialità espressasi nel mozzare e mangiare carne umana. Sembra che alcuni pezzi di arti umani furono comprati a caro prezzo dall’artista che li dipinse anche separatamente (Etude De Pieds Et De Mains 1818-1819). Il suo laboratorio in quel periodo puzzava di morte, ma fu lì che Gericault decise di deviare totalmente dalla possibilità di una rappresentazione realistica, arrivando perfino a dipingere i cadaveri e i superstiti di un macilento colore biancastro, totalmente impossibile da riscontrare in chi per giorni e giorni è stato sotto il sole in mezzo al mare. Queste rappresentazioni furono frutto delle osservazioni dei pezzi di cadaveri che così dipinti, avevano un effetto devastante e spettrale accentuato su tutta l’opera.

Jean-Louis André Théodore Gericault – La Zattera Della Medusa, bozzetto – 1818

Nacque così “La Zattera Della Medusa”, imponente quadro dalle dimensioni di 491×716 cm.

Gericault, dopo numerosi bozzetti, volle immortalare il momento in cui alcuni naufraghi avvistarono il battello salvatore all’orizzonte. Si narra che infine l’artista, senza un disegno preparatorio dipingesse l’immensa tela con pennellate precise e veloci su un sottostrato di bitume e che posarono per lui amici e colleghi tra cui Delacroix, riconoscibile nella figura in primo piano.

L’impatto è subito tetro e crudo, sia per i nuvoloni neri che sovrastano la zattera, sia per l’onda minacciosa che sembra travolgerla, sia per il gruppo di personaggi avvolti dall’ombra proprio al centro del quadro, che simbolo dell’orrore perpetratosi a bordo, prendono il posto del soggetto principale, come nella storia. Intorno invece rischiarati dalla luce, sono gli altri naufraghi che forse non partecipi di macabri banchetti, non hanno la forza di reggersi in piedi e sono accasciati, indistinguibili se ancora vivi o già morti. Delacroix in quest’opera ci mostra la metafora di un miniuniverso in cui chi è più florido sembra essersi macchiato dei crimini più efferati, una velata ma dura critica al regime monarchico francese del tempo.

Ma se non si curò più di tanto della realtà della scena, volle enfatizzarne invece l’emotività, al punto che alla prima esposizione, i critici si divisero tra chi apprezzò l’esaltazione tragica e l’orrore trasudato dall’opera e chi invece contestò l’abbandono dei canoni neoclassici e un’impostazione più composta. L’opera non trovò subito un compratore ma, esposta a Londra, fruttò più di quanto potesse essere valutata, infine fu acquistata dal Museo del Louvre nel 1824.

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