Sicuramente curiosa è l’opera di Gregor Schneider “Haus Ur” che anche nel variopinto panorama dell’Arte contemporanea si distingue per l’originale e sorprendente scelta del soggetto messo a fuoco e sviluppato.
Gregor Schneider non è nuovo nello scovare ed elaborare elementi particolarmente curiosi, ne è prova il lavoro del 1997 quando per lui perfino lo sperma divenne oggetto da esposizione in una piccola teca di vetro.
Ma la bizzarra mente di Schneider si è spinta oltre scatenando aspre polemiche nel 2008 quando dichiarò che voleva mostrare qualcuno mentre moriva, portarlo in una galleria “per mostrare le bellezza della morte”. Coperto di minacce, insulti, critiche esasperate e bollato come necrofilo, sadico ed altro, ha per il momento desistito da questo progetto ed ha continuato a dedicarsi a quello che nel frattempo gli è valsa la presenza al Deutscher Pavillon della Biennale di Venezia nel 2001.
La particolarità della grande maggioranza dell’opera di Schneider è caratterizzata da una predilezione per gli ambienti, le stanze, le abitazioni. Gregor Schneider ne studia le capacità espressive, le ricrea o addirittura le trasporta così come le trova in ambienti museali, elevando quelli che sono semplici vani di un appartamento a opere d’Arte.
Camere, salotti, bagni, cucine, scale, cantine, soffitte, certo particolari, capaci di suscitare in chi li visita sensazioni forti, oltre che claustrofobiche, spiazzanti, paralizzanti, terrorizzanti, spersonalizzanti.
Non è il primo artista che si fa affascinare dallo studio del comportamento umano in particolari ambienti ricreati ad Arte, James Turrell con le sue strutture minimaliste e luci destabilizzanti, ne ha fatto l’oggetto di ricerca di tutta una vita. Martin Creed nel 2001 addirittura si concentrò sulla reazione che poteva dare una stanza vuota con solo una luce intermittente.
Gregor Schneider sembra invece essere attratto da quelli che potrebbero essere semplici ambienti domestici non contaminati da artifici o esplicite dislocazioni. La sua idea è quella di riproporre quegli ambienti che a volte incontriamo in case sconosciute e che per qualche motivo, ci creano sensazioni deflagranti, emotivamente destabilizzanti.
Ricreare in una struttura museale queste semplici stanze spesso già esistenti sembra l’uovo di colombo e forse lo è, ma chi ha visitato le sue istallazioni asserisce che ne vale la pena e che c’è una gradevole sensazione di stupore e scoperta nell’esplorarle, un po’ come la sensazione che si ha da piccoli quando ci troviamo in case sconosciute particolarmente curiose. Le finestre non si aprono, le porte cozzano tra loro, i corridoi e le scale possono portare al nulla, appunto come nelle strutture delle vecchie case dove ristrutturazioni su ristrutturazioni fatte alla buona, hanno portato a risultati discutibili, con tubazioni interrotte, muri fatiscenti, divisori, grate inspiegabili dalla logica.
Tanta è la possibilità di trovarci in ambienti angusti e ostili che nella sua istallazione “End” Gregor Schneider volle far firmare una liberatoria ad ogni visitatore per avvertirlo della sua non responsabilità in caso di cadute o danni personali.
Si potrebbe facilmente affermare che visitare una mostra delle stanze di Gregor Schneider è utile quanto una visita nella soffitta o nella cantina della casa di campagna della nonna e forse non ci discosteremmo di molto dalla realtà, ma forse non tutti hanno una nonna con casa in campagna e quindi per questi, le sue copiate e rudimentali strutture abitative potrebbero essere veramente di un certo interesse.
L’Arte? Cerchiamola altrove.