Gyula Benczúr (1844 – 1920) è stato uno dei massimi esponenti della pittura ungherese certo tra i più conosciuti degli ultimi due secoli.
Le sue opere sembrano eguagliare in virtuosità gli stupendi capolavori fiamminghi anche se sono state fatte con un paio di secoli di ritardo. Nei suoi quadri possiamo godere delle bellissime stoffe create ad Arte, dei possenti cavalli dall’aria simile a quella che Delacroix ha dipinto un secolo prima, delle elaborate composizioni che ci ricordano i quadri storici di Velazquez, anche questi dipinti qualche secolo prima.
A parte queste doverose precisazioni, bisogna riconoscere a Benczùr che se non è stato un innovatore, ha saputo portare avanti con grande valenza tecnica lo stile romantico, la citazione neoclassica, la predisposizione per la pittura classica.
Ne è un esempio l’opera “Il Ritorno Al Castello Di Buda” del 1896, stupenda scena militare curata in ogni dettaglio e che riassume tutti i canoni della buona pittura del genere. Non c’è una sbavatura, non una incongruenza, non un errore, non una parte dove il pennello di Benczùr non si sia espresso al massimo, non un dettaglio da rimuovere o da dover essere ripreso.
Così è anche nel bellissimo quadro del 1875 “The Baptism of Vajk”, dove possiamo trovare negli angoli più impensati della tela sublimi dettagli, pari per intensità e bravura a quella impiegata nel soggetto principale.
Osservando i marmi, le stoffe , la fioritura, possiamo pensare che non ci possa essere altro modo per rappresentarli, che non si possa farlo in maniera migliore. Eppure, la sua pittura così talentuosa, stona se pensiamo che nel tempo in cui veniva fatta, Van Gogh inventava le sue tele solari dalla cromia impazzita, gli Impressionisti impressionavano mezzo mondo con la loro tecnica atta a cogliere ed esaltare la luce “en plein air” con veloci pennellate, gli Espressionisti sfasciavano il disegno e il chiaroscuro con una decisa rottura della classicità, Egon Schiele distorceva anatomie e mostrava nudi contorti e macilenti, sensuali e peccaminosi.
Benczùr, come altri pittori anacronistici, restava ancorato ad una ottima pittura ma dallo stile passato, non inventava ma ricreava, non si evolveva ma si ripiegava sull’esaltazione dei maestri che furono, per questo nonostante la sua indiscussa bravura non è tra i grandissimi artisti di tutti i tempi.