Carmen Gaudin: ” Signore, non sono una modella”.
Henri-Marie-Raymond de Toulouse-Lautrec-Montfa (1864-1901) è stato un pittore francese dallo stile rivoluzionario, incastonato nel movimento Impressionista, quel gruppo di artisti che ha racchiuso diversi stili pittorici e che ha come comune denominatore la Parigi della seconda metà dell’’800.
Lautrec ne fu uno dei maggiori protagonisti, frequentatore di quella cerchia di artisti che animarono il movimento con mostre ed eventi di vita quotidiana, espose assieme a Van Gogh nel 1887, fu compagno di Monet (1840-1926), Manet (1832-1883).
Il suo stile diverge in verità da quello degli altri Impressionisti, l’opera di Lautrec è forse più interessante nel suo lascito di disegni e grafica piuttosto che per la pittura ad olio.
Come supporto, usava spesso il cartone, dove il colore molto diluito lasciava tonalità fluttuanti e dava più risalto ai contorni, alla maniera di Schiele e delle stampe giapponesi, molto di moda all’epoca.
Le sue pennellate veloci ed evidenti, lasciavano l’impronta come tratteggi chiaroscurali, imprimendo la forza creativa dell’artista.
Lo stile del disegno era tagliente, volto a cogliere velocemente gli attimi di vitalità manifestati negli ambienti frequentati. Anche in questo Lautrec si distingueva dagli altri Impressionisti, i suoi dipinti e disegni “en plein air” sono rari, si concentrava prevalentemente su ambienti chiusi: le sale da ballo, il Moulin Rouge di cui era assiduo frequentatore, le case chiuse, i luoghi di ritrovo dell’alta società.
Attraverso l’opera di Lautrec si ha la visione di questa parte della società parigina, con i suoi svaghi, i suoi lussi, i suoi peccati, le sue miserie interiori. Forse perché nato ricco ma storpio a causa di una malformazione congenita, Lautrec amava porre al centro delle sue opere personaggi del popolo, semplici cortigiane, lavandaie, ballerine che spesso, della società di cui lui faceva parte per nascita, erano solo contorno, spettacolo o di servizio.
E’ ovvio che si riconosceva forse più in loro piuttosto che nei ricchi borghesi, la sua malattia aveva un effetto estraniante dalla condizione di benestante e forse lo aiutava a capire la triste realtà dell’esistenza di chi era meno fortunato.
La ritrattistica di Lautrec conferma spesso queste tesi, i borghesi frequentatori dei vari locali di lusso sono infatti sempre dipinti in modo grottesco, quasi ridicolo, spesso non c’è bellezza, non c’è grazia, solo un vuoto esistenziale riempito da una gioia costruita, dall’aria fasulla. Trionfano i verdi invidia e i gialli altezzosi nei visi, corpulente signore dal naso all’insù e un’espressione di disgusto perenne.
Lautrec non è stato il primo ed unico ad avere questo tipo di approccio evidente soprattutto nei ritratti: Velazquez (1599-1660), Goya, spesso chiamati a ritrarre i grandi di corte, si concentravano sui vestiti ricchi, sulle decorazioni, sulle luci sfavillanti e tralasciavano i volti, spesso vuoti, sgraziati, dipinti con disprezzo evidente che solo la virtuosità pittorica del resto del quadro poteva sostenere e rendere accettabili.
C’è forse più umanità e calore nei disegni di Lautrec rubati alle prostitute delle case di tolleranza, nei loro amori saffici, piuttosto che nei balli e nello sfarzo delle maestose sale parigine.
Un’altra prova della sua predilezione per la gente semplice è il confronto tra i vari ritratti che Lautrec fece alla famosa, bellissima ballerina Yvette Guilbert, abbrutita, rappresentata con un’aria ridicola, grottescamente sgraziata e Carmen Gaudin, una semplice lavandaia, dipinta come fosse una regina… prigioniera.
Si narra che Lautrec la vide per la prima volta nel 1884 quando, insieme a suoi amici pittori, stava uscendo da un ristorante nella zona in cui erano le lavanderie e che fu subito colpito dai suoi capelli color rame. La lavandaia parigina fu protagonista di molte opere di Lautrec, studi, disegni, oli.
Lautrec la immortalava spesso, a capo chino, l’espressione truce di chi vive ai bordi dell’opulenza assaporando il peso che questa ha su chi non ne fa parte.
Eppure lei, tra tutte le bellezze delle notti parigine, ballerine, dame, prostitute, fu preferita da Lautrec, quale simbolo di inarrivabile bellezza del corpo, ma soprattutto dello spirito, di una fierezza interiore mai scalfita dalla vita dura, mai sacrificata al dio denaro imperante e munifico ma che chiede in cambio l’anima, mentre lei si conservava povera ma pura.
Corrucciata, mostrando la chioma rosso fuoco che le nascondeva gli occhi, Lautrec la ritrae decine e decine di volte, in veloci disegni, spesso con una cura che mostra un interesse particolare, enfatizzandone i riflessi dell’ombra con colori innaturali, tipici della pittura impressionista, o dipingendola in modo classico con una colorazione più naturale a far risaltare la durezza dell’espressione tra la delicatezza decisa dei lineamenti.
Sognatrice, ispirata più che ispiratrice, la rossa Carmen dai lineamenti teutonici degni della dea Minerva, resta impassibile sotto le pennellate di Lautrec non curandosi del fatto che uno dei più grandi artisti al mondo la sta consacrando quale divinità attraverso i suoi quadri, quasi sentisse che è semplicemente il suo destino.
Di lei, si sa che mentre la ritraeva nell’unica sua foto esistente, rispose ai richiami del fotografo Maurice Guibert (1856-1913):
” Signore, non sono una modella”.