Particolarmente significativa è l’istallazione dell’Artista palestinese I yad Ramadan Sabbah, anche se definirla istallazione, oppure opera artistica è a mio parere riduttivo.
Nel quartiere shuja’iyya di Gaza l’Artista ha posto le sue sculture di stracci e argilla, una madre con il bambino, un padre che ne tiene un altro in braccio, una donna anziana ed altri personaggi.
Le figure slanciate, scheletriche, del colore della terra di cui sono fatte, vestite di stracci anch’essi ricoperti di terra, si muovono in un esodo silenzioso in fuga con dietro i palazzi semidistrutti del quartiere. I piedi gli affondano nella terra da cui sembrano essere originati e dalla quale devono scappare, un corteo macabro in fuga dalla devastazione, composto di esseri ridotti a zombi ma che mantengono una loro dignità, in cammino in mezzo alla nuda terra smossa.
Anche questo è un modo per non far dimenticare al mondo cosa sta succedendo a Gaza, in quella che prima era una striscia e sempre più assomiglia ad un quadratino e poi sarà un puntino sulla carta geografica, mentre la gente muore e chi decide di continuare guerre indispensabili non si cura delle persone che ne subiscono le conseguenze.
I yad Ramadan Sabbah sottolinea quello che è il dramma della Palestina con la sua opera, più che un’istallazione, una testimonianza: la terra della Palestina, elemento tanto conteso, è la materia di cui i palestinesi sono costituiti perché lì ci sono nati e cresciuti e anche andandosene ne resteranno sempre parte, per questo lasciarla è così difficile e penoso.