Che dire di Denis Peterson ? L’Iperrealismo non è una novità: nasce in America, lì cresce e prolifica, si diffonde in Europa e negli anni ‘90 prende piede come stile tra i più seguiti e praticati, ma davanti alle opere di Denis Peterson si resta interdetti.
Nato nel 1944 è stato uno dei fondatori di quel gruppo di Fotorealisti statunitensi che ha portato la concezione della visione oggettiva della pittura ai massimi livelli.
Si fa fatica a credere che siano dei dipinti, si fa fatica a capire il perché ci sia il bisogno di dipingerli. Le sue opere sono copie esatte di fotografie, non c’è una possibilità di alterazione dell’immagine che, è evidente, non è presa dalla realtà ma da una foto.
Più fotorealista dei Fotorealisti, più preciso di una fotocopiatrice, Denis Peterson è stupefacente, ma a me personalmente lascia l’amaro in bocca.
Forse per i soggetti presi dalla strada, spesso individui ai margini della società, degradati, di cui coraggiosamente denuncia l’esistenza, la non curanza delle classi agiate, arrivando a svelare quella parte nascosta del sogno americano, quella di chi il sogno non l’ha raggiunto.
Denis Peterson è senz’altro munito di una certa dose di coraggio intellettuale nello scegliere quasi sempre questo tipo di soggetti, la perizia, la costanza che impiega nel dipingerli, potrebbero essere meglio esaltata da soggetti più accattivanti, più inclini ad una pregevole decorazione estetica. Invece no.
Cosciente della possibilità a lui donata, mette a frutto il suo talento innegabile per rendere pubblici gli esempi di fallimento delle grandi società occidentali, per non dimenticare, per fare in modo che ci possa essere un rimedio, si possa creare una fetta di cielo anche per loro.
Così li porta nelle grandi gallerie e certo, solo grazie alla sua grande capacità pittorica, li impone al pubblico che spesso vorrebbe non sapere, che spesso, per strada volgerebbe lo sguardo da un’altra parte.
L’amaro che lascia in bocca Denis Peterson è essenziale, segno di un impegno politico costante e preciso, uno schiaffo di realtà ben assestato al ricco mercato dell’Arte e il mercato, non può che accettarlo.
Troppo bravo, troppo incisivo, graffia l’anima e gela il sangue come nessun iperrealista sa fare.
Denis Peterson lascia l’amaro in bocca per la qualità troppo stucchevolmente fotografica che si è persa in verità negli iperrealisti moderni.
Infatti gli iperrealisti di ultima generazione fanno ricorso all’uso di elaborazioni dell’immagine su pc che amplificano nelle luci, nei colori le foto prese a modello.
Denis Peterson no, lui sembra mantenere quelle scialbe tonalità fotografiche affidandosi ad una definizione millimesimale dei dettagli, forse reputando a ragione che i suoi soggetti presi dalla strada, debbano mantenere questa caratteristica per essere veri manifesti di denuncia sociale e sarebbero certo contraddetti da tonalità raggianti, da luci falsificate.
L’Iperrealismo di Denis Peterson non è solo uno stile pittorico, è anche Iperrealismo di vita.