Scrivere di Cesare Berlingeri è un piacere per ogni critico d’Arte, infatti appartiene a quella categoria di artisti in cui la filosofia del loro creare spazia e si contamina di molti territori e movimenti e permette di spiegare architetture compositive e di pensiero, metafore di vita, evoluzioni dell’umano creato.
Nasce a Civitanova nel 1948, inizia a dipingere molto presto sotto un tutore che lo introduce alla pittura classica e la copia dei maestri illustri, stile di pittura che vede come una costrizione e da cui si distacca appena maturo per intraprendere una via personale.
Scenografo, costumista, lavora per grandi produzioni, tv, teatro, passione che continuerà a lungo. Negli anni 70’ vive la stagione della Pop Art italiana, dei maestri romani e milanesi, attento a tali sviluppi ma sempre concentrato sul proprio percorso che è divergente. Scampa anche all’esplosione della Transavanguardia e ad altri movimenti dello stesso periodo.
Le prime “Pitture Piegate” sono del 1977, ma ancora incerto le abbandona per cimentarsi in pitture su superfici metalliche. Già preda dell’Astrazione, del segno sanguigno di Vedova, lo usa con una colorazione più forte, forse influenzato dai movimenti Pop. Ben presto le sue quotazioni salgono e capisce che le “piegature” sono le opere che lo caratterizzeranno e lo porteranno alla fama in tutto il mondo.
Spiegare la pittura di Berlingeri è così complicato quanto inversamente semplice lo è a prima vista ogni suo lavoro. Il suo stimolo è l’ignoto, la sua principale visione artistica è la concretizzazione del concetto di caos solo in parte calcolato in un minimondo di cui nessuno scoprirà mai gli effetti, una concezione del rapporto artista-opera innovativo e sublimemente romantico. Berlingeri crea le condizioni affinchè l’opera si realizzi da sola, ed è intrinseco il fatto che nessuno potrà mai scoprire il segreto della sua evoluzione perché resterà a tutti celata.
Il metodo di lavoro si avvale di grandi tele che lui colora, rosso, blu, azzurro, grigio, nero, in seguito vi traccia segni, primordiali testimonianze della volontà umana e mezzo del messaggio metafisico filtrato nell’uomo che poi lo trasporta nel mondo fisico. Dopo di che, le sue tele ancora fresche vengono ripiegate, talvolta in modo preciso e geometrico, altre volte più scomposto. La pittura fresca interna si somma, i segni appena tracciati si intersecano e tra le pieghe della tela compongono altri segni, altri disegni che nessuno vedrà mai perché la tela resterà piegata ed ermetica.
La tematica di Berlingeri è pregna di quel fascino che solo l’ignoto e l’indescrivibile può suscitare, è l’esaltazione del mistero, il suo ricrearlo, il donare a noi quella sensazione di incanto che ci ha avvolto in tenera età quando tutto era da scoprire, quando tutto era magico.
Ed è forse questa una considerazione azzeccata visto che lo stesso Berlingeri più volte ha asserito che l’idea delle piegature gli venne forse perché invaghitosi del ricordo di una piegatura che la madre portava al collo contro il malocchio. Ancora Berlingeri si rifà ai suoi ricordi di fanciullo quando fu colpito dalla scenografia piena di stelle mentre veniva ripiegata in teatro, dallo scomparire delle luci dipinte all’interno del tessuto.
Ma oltre a questo, l’opera di Berlingeri ha agganci con lo Spazialismo e il protagonismo che la tela quale oggetto ha al di là della pittura: sostituita dalla grossa iuta da Burri, estroflessa da Castellani, Bonalumi, forata e poi tagliata da Fontana che risolse così il pensiero assillante di ogni pittore, ovvero la ricreazione dell’illusione prospettica tridimensionale nella superficie bidimensionale. Ma mentre Fontana trovò la terza dimensione tagliandola e ricreandola concretamente, scoprendo così anche un archetipo del sesso femminile, Berlingeri ottiene la tridimensionalità dai volumi della tela ad ogni sua piegatura.
La tela, allegoria metafisica, metafora esistenziale, diviene così da supporto a soggetto, da bidimensionale a tridimensionale.
I risvolti teorici dell’opera di Berlingeri si possono riscontrare anche nelle grandi impacchettature di Christo, nel suo celare un contenuto che nel caso dell’artista bulgaro noi sappiamo quale sia, mentre Berlingeri cela ciò che non verrà mai reso noto e nemmeno lui sarà mai al corrente di quale sia stata l’evoluzione dei suoi segni nel segreto involucro.
Berlingeri si inquadra in quel filone dell’Arte contemporanea che rifiuta l’inganno della pittura, ma crea l’oggetto esaltando la sua realtà, dai volumi reali, dalle qualità di luce ed ombra inflitte dal reale spazio in cui si trova.
Artista concettuale, può essere in parte assimilato ai temi di Manzoni, alle sue grandi linee tracciate e arrotolate, nascoste in contenitori, alla “Merde D’Artiste“, vera e propria provocazione racchiusa in barattoli di cui nessuno vedrà in realtà il contenuto.
Segnico, come lo può essere Licata, usa all’interno dei suoi involucri un alfabeto magico, sorta di tracce apparentemente senza giustificazione logica che solo nell’intimità dell’artista ne hanno. Ma anche qui l’elemento discriminante è il rivelare un linguaggio che per quanto ermetico, viene posto alla visione di tutti: Licata si mostra, mostra la sua creatura, Berlingeri no, pudico, discreto, come un appassionato allevatore di animali, crea le condizioni affinchè si possano esprimere e si dilegua, e li nasconde affinchè nessuno li possa disturbare.
grande mistificazione e presa per i fondelli, come quasi tutta l’arte contemporanea
Cos’è l’Arte se non sogno? Dimensione in cui le leggi della fisica e della materia, le stesse leggi che regolano il mondo vengono a volte confuse per raggiungere risultati che vanno oltre il conosciuto, oltre la logica. Per capire l’opera di Berlingeri si deve pensare all’interno di questa dimensione, è un gioco e all’interno di questo gioco Berlingeri ha un senso ed è apprezzabile. Per quelli a cui piace il gioco dell’Arte Contemporanea Berlingere ha un valore, molto più di altri che sono o vogliono essere all’interno di questo gioco senza idee e senza avere la capacità per farlo e ce ne sono molti, per gli altri che di questo gioco non si interessano o non conoscono le idee Berlingeri non ha un valore, come non ha un valore Ronaldo per chi detesta il calcio, come non ha un valore una bella macchina per chi è un convinto ambientalista. Che il suo valore quantificato in moneta sia troppo o troppo poco, giudicato all’interno del contesto economico globale è un fatto su cui si può discutere.