L’Arte blasfema

L’Arte blasfema
Ricettacolo di tutto ciò che stupisce, fa scalpore, sia per la bellezza, sia per la novità, sia per il coraggio di proporlo e di farlo, sia per lo scandalo che può far esplodere, l’Arte contemporanea è un contenitore in cui si può veramente inserire di tutto, e nel tutto è compreso anche la perversione, la blasfemia ed altre patologie o disfunzioni umane che se rappresentate, esorcizzano l’inconscio collettivo e forse riescono ad evitare che alcune malsani atteggiamenti si manifestino realmente nella società.

In particolare nell’anno del giubileo, ci interessa analizzare quell’aspetto dell’Arte che si è accanita nel presentare immagini sacre o comunque associate alla religione tendenzialmente cattolica in modo dissacrante, disturbante, blasfemo.

La religione cattolica, predominante nei paesi industrializzati, dove l’Arte contemporanea è più seguita e florida, è solitamente tollerante a questi fenomeni, più di altre, questo fa sì che ci siano, ma che non portino, tranne in rari casi, a comportamenti eccessivi che potrebbero innescare ripercussioni peggiori dello sdegno prodotto.

Ciò non toglie che al Photolux Festival di Lucca, “Il Cristo Nell’Urina” di Andres Serrano (New York, 1950) non c’era. Censurato.

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Andres Serrano – Il Cristo Nell’Urina – 1987

Opera fotografica del 1987, è l’immagine di un crocifisso immerso nel liquido corporeo.

Dello stesso autore e fotografata con la stessa modalità ma meno conosciuta, è anche “Madonna col Bambino” del 1989. A differenza della seconda prova d’artista di Serrano, “Il Cristo Nell’Urina”, stampa fotografica ilfocrhome a tiratura limitata, ha fatto il giro del mondo suscitando emozioni forti e contrastanti, fino a quando nel 2011 ad Avignone in Francia, durante una esposizione, ne fu danneggiata una copia.

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Andres Serrano – Il Cristo Nell’Urina, danneggiato ad Avignone – 1987

Semplice ricerca di notorietà? Effettiva prova di ribellione ad una religione opprimente? Voglia di stupire a tutti i costi? Questi sono i soliti interrogativi che ci possiamo porre davanti a opere di questo tipo.

Forse meno blasfema ma più calata nel contesto contemporaneo, è l’opera di Paul Fryer (Londra 1963), “Pieta” di cui esistono diverse versioni dal 2006 in poi, con titoli ripresi da versetti della bibbia, in cui un Cristo flagellato giace su una sedia …elettrica. Opera denuncia dell’artista londinese, si può interpretare forse più come una protesta contro la pena capitale, che come vero e proprio tentativo di blasfemia, oppure come denuncia nei confronti di una società che vive ormai nell’opulenza ma riserva briciole o addirittura niente a chi non ne fa parte.

Paul Fryer – Pieta

Non fanno invece quasi più notizia le immagini di donne crocifisse a parafrasare il Cristo di cui ad esempio Winkler e Noah, fotografe, a discapito del nome italianissime, hanno presentato le immagini nel 2010 nella mostra “Awakening” di Milano. La nostra generazione ha ormai superato la fase in cui le ricostruzioni storiche, religiose, rivisitate in chiave femminista destano scalpore. Neanche l’ultima puntata di Guerre Stellari in cui il guerriero Jedi è una donna, ci impressiona più di tanto, figuriamoci un Cristo donna.

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Winkler e Noah – Donna Crocifissa

Per trovare un po’ di sana blasfemia in questa civilizzata società che ne ha viste di tutti i colori, ci possiamo allora rifugiare nella Bologna del 2007, dove un gruppo di attivisti artistici “Carniscelte”, furono censurati in tronco per aver organizzato una mostra in cui compariva “La Madonna Che Piange Sperma”, a dire il vero innocua rappresentazione ripresa da un mosaico simile ai ravennati, in cui lacrimoni biancastri campeggiavano sul volto della Vergine. Troppo psichedelici per disturbare anche un pubblico composto di educande, i lacrimoni biancasti a vaga forma di spermatozoo, furono cassati dall’amministrazione Cofferati, ma apparirono sulle pagine di qualche giornale e in qualche sito web, dando origine all’interrogativo: L’opera avrebbe avuto più successo se non fosse stata censurata? Forse no. Ma ha poi un senso questa opera? Forse nemmeno.

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Madonna Che Piange Sperma – 2007

Cercando qualcosa che abbia un senso nella sua blasfemia e non sia stata concepita solo per dileggiare e provocare, ci imbattiamo nell’opera “Doping”, elaborazione digitale di Michele Maioli (Pisa, 1970). In un periodo in cui c’è una corsa all’indietro a riscoprire valori che si credevano assodati e invece sono in realtà dissolti, il pericolo è una overdose di valori obsoleti, che si rivelerebbe letale se non incastonata nel tempo che ormai si è evoluto. La religione porta con sé oltre ai principi che sono stati alla base delle società più civilizzate, una concezione etico morale ormai troppo restrittiva, che non siamo più in grado di sostenere, va quindi assunta con moderazione, senza strafare, pena la digressione del corpo e dell’anima, di un benessere ormai acquisito, uno sfalsamento della realtà contestuale.

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Michele Maioli – Doping, eleborazione digitale – 2015

Non si pone il problema Jean Fabre (Belgio, 1958) di quale sia una forza distruttiva del nostro tempo nella riproposizione personalmente interpretata della “Pietà” di Michelangelo. Blasfema all’eccesso, la sua opera vede nella vergine con il volto di teschio, l’incarnazione e la causa della morte. Tra le sue braccia, un Cristo moderno in giacca e cravatta, giace con il proprio cervello in mano, come se privato dell’intelletto, fosse ormai facile preda della morte. Contornato di farfalle e animaletti vari, l’uomo moderno è razionale, e quando viene privato della sua razionalità, non ha più vita, la forza emotiva completamente sostituita dalla logica moderna non c’è più a sostenerlo, quindi muore. La presa di posizione di Fabre è inequivocabile e forte, assecondare la corsa sfrenata che la civiltà moderna ci impone, ci espone a quelli che sono i pericoli esistenziali, letali dello spirito che non siamo più abituati a riconoscere. Fuori da questa corsa, gli spiriti che le hanno sacrificato tutto, sono vuoti, per la morte sono facili prede.

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Jan Fabre – Pieta – 2011

Infine, una performance artistica decisamente blasfema ci arriva dalla Spagna, dove Abel Azcona(Pamplona, 1988) già conosciuto per essere un performer estremo che non perde occasione per mostrarsi completamente nudo, si è esibito all’evento “Desenterrados” di Pamplona.

Come protesta contro i crimini pedofili all’interno della chiesa, ha composto la parola “pederastia” con 242 ostie consacrate che è riuscito a trafugate dalle chiese vicine attraverso finte comunioni.

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Abel Azcona – Pederastia, performance – 2015

L’accostamento pedofilia-chiesa già trattato e riproposto non solo in campo artistico, può sembrare noioso e già sfruttato per un pubblico sempre in cerca di sensazioni nuove, ma non è detto che lo sia per chi ne è stato vittima. Come lo sfruttamento dei minori, le guerre assurde e la fame nel mondo, il tema tocca aspetti scottanti su cui si basano principi etici, cardini della nostra società, ignorati, nascosti dietro un bigottismo che trae forza dal non voler accettare scomode verità di fondo e che invece di operare affinchè questi comportamenti aberranti cessino, si scaglia contro assurde cacce alle streghe, comportamenti perfettamente naturali che urtano una soglia del pudore artificiosamente elevata. Si viene così a creare una sorta di facciata perbenista che si fa scudo della religione dietro cui tutto è lecito, dallo sfruttamento mafioso, alla collusione con associazione massoniche, all’accumulo di capitali a discapito di una popolazione sempre più declassata e fuori dalla possibilità di poter essere veramente rappresentata.

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Luis Quiles – Child Abuse

Il messaggio della religione cattolica ma anche musulmana, è ormai quotidianamente distorto, impiegato ai fini di personali campagne elettorali amplificate. Forse questa è l’operazione più blasfema, realizzata ad arte che si svolge giornalmente sotto i nostri occhi.
L’Arte blasfema ha ancora molti argomenti da affrontare.

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