Theo Jansen – L’evoluzione dell’Arte Cinetica

Theo Jansen – L’evoluzione dell’Arte Cinetica

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Theo Jansen – Strandbeesten

 

La prima cosa che viene in mente ad un amante dell’Arte vedendo le curiose strutture di Theo Jansen è paragonarle alle geniali macchine progettate da Leonardo Da Vinci. Forse perché tutti e due hanno cercato, Theo per scelta, Leonardo per necessità, di costruire un mezzo di locomozione senza l’ausilio dei più comuni motori a scoppio, a vapore, elettrici o forse perché in entrambi i casi i macchinari sono comunque esteticamente appaganti già prima di assolvere alle loro funzioni motorie. C’è infatti nelle “Strandbeesten”, (tradotto come “bestie da spiaggia”) una particolare attenzione all’estetica o almeno così pare, che ne fanno non solo dei macchinari interessanti ingegneristicamente ma anche delle strutture particolarmente attraenti per il loro effetto.

 

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Theo Jansen – Strandbeesten

 

Potremmo classificare Jansen come un esponente dell’evoluzione dell’Arte Cinetica nata negli anni ’50, non di quella che vive dei movimenti virtuali nei quadri di Alviani (Udine, 1939) o Biasi (Padova 1937), ma di quel filone i cui i padri furono Jean Tanguy (Friburgo, 1925-1991), Calder (1898-1976), che vedevano protagoniste strutture animate spesso dal vento, comunque destinate ad un moto progettato con il quale prendevano vita e avevano senso compiuto.

 

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Theo Jansen – Strandbeesten

 

Jansen nasce in Olanda nel 1948 ed è sulle spiagge olandesi che collauda le sue strutture semoventi, capaci di sfruttare l’energia delle folate di vento con vele plastificate per metterle in moto. Sono costruite in plastica, legno, pvc, pallet, assemblate con fascette, elastici, nastro adesivo. La capacità progettuale di Jansen prevede la possibilità di immagazzinare in forma di aria compressa, la forza eolica e rilasciarla attraverso sensori applicati, in assenza di vento. Mostruose, le sue macchine si muovono in modo spettacolare, agitando le vele che svettano come processi spinosi sulla schiena di dinosauri.

 

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Theo Jansen – Strandbeesten

 

Ovviamente le sue macchine hanno grossi limiti e sono più interessanti come fenomeno curioso o artistico piuttosto che come effettiva possibilità di alternativa energetica, ma è certo una esperienza particolare imbattersi in una di queste strutture di tubi di plastica gialli, ondeggiante. Difficilmente potranno sostituire i motori che usano le fonti di energie primarie, ma come si può non restare affascinati dal loro incedere, dalle loro mastodontiche sembianze che ci ricordano talvolta l’avanzare di un drappello di armigeri inquadrati in formazione come in una parata, con le lance alzate, pronto a muovere guerra.

 

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Theo Jansen – Strandbeesten

 

A quelli della mia generazione possono ricordare anche le prime astronavi che sfrecciavano negli schermi neri dei televisori o pieni di stelle palesemente finte e atterravano su “Base Alfa”, agli ordini del comandate John Koenig. C’è la stessa sensazione di estetica estremizzata e funzionale, finalizzata ad una progettata compattezza scevra da orpelli tendenti ad appesantire inutilmente le strutture, funzionalità che in realtà sia nelle “Aquile” di “Spazio 1999” che nelle  “Strandbeesten” di Theo Jansen per il momento è più apparente che di sostanza.

 

Video di Theo Joansen “Strandbeesten

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Theo Jansen – Strandbeesten (particolare)

 

 

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