Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c.

Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c.  

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Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c.

 

L’eleganza di questo “Fauno Barberini” (detto anche “Satiro Ubriaco”), stupisce per la semplicità con cui le linee del corpo sono tracciate nel marmo, quelle linee  che danno vita ad una struttura anatomica certo non particolarmente muscolare, ma che anche nell’atteggiamento scomposto, rivelano una grazia riservata alle figure mitiche. Non è in effetti facile mantenere una anatomia elegante in una figura dalla posa asimmetrica, ricercatamente sgraziata. Questa è la posa che appunto l’autore, presumibilmente della scuola di Pergamo in Grecia, in una indefinita data tra il III° e il I° secolo a.c. volle dare al suo fauno, insonnolito, ebbro di vino, stravaccato su un giaciglio di fortuna sopra una pelle felina, ma comunque sempre incarnazione dello spirito divino di una figura mitica.

Così naturale, così incredibilmente sublime, il “Fauno Barberini” ha suscitato ispirazione in molti degli artisti posteri tra cui, Jeff Koons che lo ha voluto nella serie di sculture antiche reinterpretate a suo modo  “Gazing Ball”.

 

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Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c. (particolare)

 

Il “Fauno Barberini” fu ritrovato a Roma attorno al 1625 e deve il suo nome a Francesco Barberini che lo volle subito nella sua collezione. Dopo un primo restauro del Bernini, dal Palazzo Barberini, nel 1820 prese la via di Monaco dove Ludovico di Baviera riuscì a portarlo tra le proteste dei romani tra cui Antonio Canova.

 

Fauno Barberini.
Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c. (particolare)

 

Stupendi i lineamenti particolareggiati del volto, appena intaccati dal tempo, ne amplificano la bellezza e il valore e mostrano questa frastornata, appropriata espressione contornata dai riccioli scomposti e ciocche pendenti sotto una corona di fiori.

Fedele al mito del fauno che lo narra come spirito sensuale e disinibito, l’artista greco ne mostra senza ritegno le parti intime e di queste fa il centro dell’opera.

Dettagli ai quali solo la scultura classica greca ci ha abituato, si affacciano nell’anatomia, nelle bellissime pieghe delle fibre dello sternocleidomastoideo, nelle ben accennate e coraggiose file di muscoli intercostali che si inseriscono fin sotto le ascelle, nell’alternanza di pieni e vuoti che costituiscono la complessa articolazione del ginocchio, non enfatizzata, nè semplificata, semplicemente perfetta.

Le uniche parti dove la sapiente mano dello scultore si lascia andare in virtuosismi forse superflui originando articolazioni e muscolature eccessive sono il piede e il polpaccio, fin troppo possenti, fin troppo rifiniti, fin troppo protagonisti a mio parere senza poi ragione evidente. Solo in questo particolare la stupenda, perfetta semplicità del “Fauno Barberini” si contraddice, per il resto è semplicemente magnifico!

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Fauno Barberini (Satiro Ubriaco) – III°- I° secolo a.c. (particolare)

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