Il mistero della “Battaglia Di Anghiari” di Leonardo e “La Battaglia Di Cascina” di Michelangelo

Il mistero della “Battaglia Di Anghiari” di Leonardo e “La Battaglia Di Cascina” di Michelangelo

Battaglia Di Anghiari di Leonardo Da Vinci nel disegno di Rubens del 1603

La Battaglia di Anghiari” è un altro dei misteri leonardeschi tra i più affascinanti. Fu dipinta dal Maestro toscano nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio a Firenze dal 1503 al 1504, su incarico del Confaloniere Pier Soderini,  in concomitanza con l’altro dipinto, che doveva essere a fianco, commissionato al rivale Michelangelo. Curiosamente, entrambi gli affreschi per ragioni diverse non hanno visto la fine o almeno così pare.

Battaglia Di Cascina di Michelangelo nel disegno di Aristotile da Sangallo del 1542

La Battaglia Di Cascina” che doveva essere dipinta da Michelangelo, avrebbe dovuto coprire una superficie di 7×17,5 metri, come del resto l’opera del Da Vinci. Entrambe sono rimaste famose ancora prima del loro inizio per la stupenda visione che ne dettero i due artisti già nel cartone preparatorio. Della “Battaglia di Cascina” di Michelangelo, fu in verità terminato solo quello, onorato e imitato, copiato, andò prima diviso poi perduto nei secoli a venire. Michelangelo infatti sospese i lavori, richiamato a Roma dal Papa Giulio II° e mai più li riprese.

Battaglia Di Cascina di Michelangelo nel disegno di Aristotile da Sangallo del 1542 (particolare)

L’episodio che Michelangelo volle raffigurare è uno dei più singolari dell’evento narrato e anche quello che gli offrì la possibilità di dipingere corpi umani nudi, appunto il suo soggetto preferito. Il cartone preparatorio narra infatti la scena in cui il 28 Luglio 1364, i soldati dell’esercito fiorentino si fermarono presso Cascina e decisero di rinfrescarsi facendo il bagno nudi in Arno. Proprio in quel momento sopraggiunse l’esercito pisano che vedendoli impreparati, pensò di vincere facilmente, ma così non fu, rivestitisi di corsa, i fiorentini vinsero la giornata.   

La Battaglia di Cascina” ci è pervenuta purtroppo solo tramite alcuni bozzetti preparatori di Michelangelo e le molte copie di allievi e artisti di ogni dove fatte al tempo e posteriori.

Tra queste si può citare la copia di Aristotile da Sangallo (1481-1551)del 1542, di fattura certo non virtuosa come l’abitudinaria di Michelangelo ma che ci può dare l’idea della composizione e della scena centrale.

Battaglia Di Cascina di Michelangelo nell’incisione di Luigi Schiavonetti del 1790 circa

Degna di interesse è anche la versione incisoria di Luigi Schiavonetti (1765-1810) del 1790 circa.

La Battaglia di Anghiari” invece ebbe sorte ancora più travagliata. Leonardo ci lavorò per più di un anno, con almeno sei allievi e le cronache riportano che alfine la superficie totale di 7×17,5 metri, fu magnificamente coperta. Incauto fu però il genio del Rinascimento, infatti volle per l’occasione sperimentare una particolare pittura ad encausto a fresco, che richiedeva un grande calore per far sì che i colori seccassero.

Battaglia Di Anghiari di Leonardo Da Vinci, copia di anonimo, Palazzo Vecchio Firenze

Finita l’opera, si procedete con l’accensione di grandi fuochi affinchè il dipinto restasse immortale ma la sventura volle che il gran calore arrivasse solo alla parte più bassa e così, mentre dal basso seccava, dalla parte alta si scioglieva grondando rovinosamente al di sotto. Nonostante questo, nelle cronache del tempo si narra che chi potè  assistere all’opera, la ricordò come un capolavoro inarrivabile, al quale anzi, la trasfigurazione della mal riuscita finitura, donava un fascino particolare e innovativo. Fu subito visto come una leggenda e nel breve tempo che fu visibile, se ne fece diverse copie, alcune delle quali pervenute fino a noi. Una di queste è la “Tavola Doria” conservata agli Uffizi, è stata attribuita al Poppi che probabilmente la copiò dall’originale perduto, forse per questo è mancante di varie parti. Vi si può in verità solo cogliere parte della composizione centrale e dei colori usati.

Tavola Doria – attribuita al Poppi

Di più attraente fattura è la “Copia di anonimo” conservata in Palazzo Vecchio, praticamente simile alla “Tavola Doria” anche nelle parti mancanti ma certo frutto di più virtuosa mano nel disegno e nei particolari.

Ci sono poi una infinità di disegni e stampe posteriori che si possono citare solo per far capire quanto l’opera di Leonardo abbia lasciato il segno non solo nel suo tempo ma anche nei secoli a venire.

Tra questi ricordiamo:

Il disegno di anonimo” conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe di Firenze.

Disegno di anonimo – Gabinetto dei Disegni e delle Stampe di Firenze

L’incisione di Edelinck Gerard del 1657.

Battaglia Di Anghiari di Leonardo Da Vinci, incisione di Edelinck Gerard del 1657

L’incisione di Antonio Fedi e Matteo Carbone del 1785.

L’incisione di Lorenzo Zacchia del 1588.

Battaglia Di Anghiari di Leonardo Da Vinci, incisione di Lorenzo Zacchia del 1588

L’incisione di Pierre Nolasque Bergeret  che al pari di quella del Commodi del 1504 ci mostra altri dettagli e un folto gruppo di altri personaggi forse realmente presenti nell’opera del Da Vinci.

Battaglia Di Anghiari di Leonardo Da Vinci, incisione di Pierre Nolasque Bergeret

La più famosa e interessante testimonianza è però quella di Rubens, che probabilmente la disegnò copiando direttamente la parte centrale del cartone preparatorio circa un secolo dopo. Il bellissimo groviglio ci mostra infine nei particolari come poteva essere la battaglia di Leonardo, tra cavalli imbizzarriti e contorti, armigeri pronti alla pugna o già impegnati allo stremo delle forze. Il Disegno di Rubens, anche se ci mostra solo una parte dell’opera , ci fornisce assieme agli schizzi leonardeschi, quello che doveva essere lo schema dell’affresco: una serie di episodi narranti furiose lotte, descritte nel minimo dettaglio, curate nel massimo dell’aspetto anatomico, con grande sfoggio di chiaroscuro e effetti tridimensionali scolpiti nelle anatomie da forti ombreggiature di sanguigni cavalli e cavalieri. Insomma un capolavoro immenso e di grandi proporzioni.

Francesco Rustici – Modellino in creta probabilmente ripreso dalla Battaglia Di Anghiari di Leonardo da Vinci

Di sicuro interesse sono anche i disegni preparatori di Leonardo dei volti di cavalieri, imbronciati o urlanti nell’impeto dell’assalto che si è visto sono fedelmente riprodotti nelle varie copie del capolavoro perduto fatte al tempo o di poco posteriori. E’ stato poi appurato che Francesco Rustici (1475-1554), allievo del Verrocchio, fece dei modelli in creta dei cavalieri dipinti da Leonardo proprio al tempo della stesura in Palazzo Vecchio. Oggi sono ancora conservati al Museo Nazionale del Bargello. Tra questi si possono distinguere alcune pose disegnate anche da Rubens assieme ad altre mai rappresentate da artisti posteriori. Si può quindi ipotizzare che tutti i modellini sul tema fatti dal Rustici nello stesso periodo , siano riconducibili al cartone vinciano e credere che altre scene originarie siano sopravvissute con loro.

        “… E sí come io ho detto, quello del gran Lionardo era bellissimo e mirabile. Stetteno questi dua cartoni, uno in nel palazzo de’ Medici, e uno alla sala del Papa. In mentre che gli stetteno in piè, furno la scuola del mondo.

 Non c’è descrizione migliore di quella di Benvenuto Cellini fatta nel racconto della sua vita per dare l’idea di cosa rappresentarono e quanto furono apprezzati già solo i disegni preparatori dei due artisti rinascimentali.

Leonardo Da Vinci – Studio di testa per la Battaglia Di Anghiari – 1504/1505

Visto che i lavori non procedevano, la decorazione della Sala del Gran Consiglio fu allora affidata alla cura artistica di Giorgio Vasari, grande estimatore di Leonardo Da Vinci, che suo malgrado dovette provvedere a ricoprire le mura con la sua versione dell’opera. Al contrario di Leonardo, la rappresentazione del Vasari è forse più veritiera,  più attinente a come le truppe si presentavano in battaglia , forse più reale, ma certo meno spettacolare dei grovigli pulsanti di gloria pugnace del Da Vinci.

Giorgio Vasari – Battaglia Di Marciano In Val Di Chiana o Di Scannagallo – 1560 circa

Vasari, artista e storico valente, portò a compimento l’opera che ancora è visibile in tutto il suo splendore in Palazzo Vecchio, ma possiamo immaginarci quanto gli costò il ricoprire le pennellate vinciane. Si pensa addirittura che a causa della sua grande ammirazione, non ne sarebbe stato capace e avrebbe in qualche modo salvato il dipinto, così com’era, imperdibile anche se rovinato. Da qui la leggenda che ha visto da secoli personaggi di varia foggia alternarsi in Palazzo Vecchio alla ricerca del dipinto perduto, probabilmente sotto quello del Vasari, o forse strappato e spostato altrove. Una moltitudine di prove e esperimenti sono quindi stati fatti stando attenti a non alterare l’affresco vasariano per cercare di capire se effettivamente sotto ce ne fosse un altro, la ricerca però è sempre stata piena di difficoltà.

C’è poi la possibilità che l’affresco sia stato spostato, chissà dove magari sempre in Palazzo Vecchio, forse in quella che è chiamata Torre Vacca, oppure il Vasari avrebbe potuto erigere un muro davanti all’opera di Leonardo e, non pago, ne avrebbe segnalato nel suo operato l’ubicazione. C’è infatti una strana scritta sopra la bandiera del gruppo di armigeri accampati sul colle:

Cerca Trova”.

Se da una parte si potrebbe asserire che tale motto è riferibile al soldato rappresentato e da questo distinto, si può però costatare anche che non vi è traccia di altre scritte o altri motti, questo ci farebbe pensare che forse non sarebbe quello lo scopo della scritta ma ben altro. Prende quindi piede l’ipotesi che il virtuoso Vasari dall’animo affranto per la cancellazione dell’opera, abbia lasciato appunto un indizio, come a dire, che lì si deve cercare, che lì sotto è il tesoro nascosto, l’opera perduta.

Giorgio Vasari – Battaglia Di Marciano In Val Di Chiana o Di Scannagallo (particolare) – 1560 circa

C’è infine un’altra teoria che si fa ancora più cervellotica, e che considera la scritta particolarmente fuori luogo e sibillina “Cerca Trova” quale anagramma di “Torre Vacca”, appunto a segnalare che nel torrione così chiamato, l’opera va cercata.

L’enigma vinciano divenuto anche protagonista del libro e del film di Dan Brown, sembra che resterà tale ancora per anni, fino a quando non si arriverà ad avere una tecnologia tale da poter studiare gli strati di muro sottostanti l’opera del Vasari senza rovinarlo. Infatti, le sonde hanno già rivelato che altro pigmento è presente in profondità, ma per sapere quale sia la sua entità e la sua qualità ad oggi non c’è altra possibilità che smantellare l’affresco vasariano, insomma per riscoprire un capolavoro se ne dovrebbe distruggere un altro, con il rischio che poi il capolavoro non ci sia.     

Salone del Gran Consiglio, oggi Salone del Cinquecento, in Palazzo Vecchio Firenze

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