Si dice che gli artisti siano come spugne: assorbono sensazioni, azioni dal contesto in cui vivono, le rielaborano ed esteriorizzano su tela o in altri tipi di manifestazioni quello che è penetrato nel loro subconscio e forse, per alcuni di loro è vero.
Jackson Pollock (1912-1956 Cody, Wyoming, U.S.A.)è stato un artista statunitense tra i più interessanti di tutti i tempi e promotore di una sperimentazione pittorica che esula dal contesto puramente non figurativo per avventurarsi in quello che è stato identificato come Informale, nella sua accezione propriamente detta Informale Gestuale ossia manifestazione artistica astratta che acquista importanza dalla gestualità del suo atto generatore.
Jackson Pollock iniziò la sua carriera di artista nel 1929 a New York. Dall’artista messicano David Alfano Siqueiros, riprese l’uso dello sgocciolare il colore sulla tela, fu poi anche fortemente influenzato dai nativi americani con i quali ebbe un intenso rapporto tematico, ma si avventurò presto verso l’Astrattismo.
La sua opera diventò però interessante quando introdusse appunto una sua gestualità creativa di base che oltre a dare risultati innovativi, in seguito riprodotti, imitati, presi ad esempio da generazioni di artisti, dette una nuova vitalità alle sue immense tele rendendole affascinanti, seduttive, esplosive.
Nel 1945 si trasferì a Springs, dove acquistò una casa in legno con fienile. In questo, trasformato in studio, diede vita al suo progetto creativo, scoprendo l’uso della tela come spazio da interpretare pittoricamente dal di dentro.
La sua tecnica pittorica fu definita “Dripping”.
I critici hanno visto in questa, il principio dell’”Action Painting”, ossia una nuova concezione di pittura che nobilitava, oltre all’opera, soprattutto l’atto stesso del dipingere in quanto portatore di forza creatrice riversata sulla tela.
Pollock stendeva enormi tele per terra e camminandoci sopra vi colava il colore, servendosi di bastoncini, spatole, siringhe da cucina, direttamente dai contenitori, in qualsiasi modo.
Dalla supervisione interna del quadro, riusciva ad avere una totalità dell’opera che gestiva più facilmente in cui un apparente caos, era invece frutto di una soggettiva scelta cromatica che al fine risultava avere un bilanciamento, una struttura di fondo che si rivelava poi allo spettatore. Ogni segno diveniva parte di un insieme caotico dal quale nasceva una visione ordinata dal suo pensiero.
Immerso definitivamente nell’Informale, Pollock nel 1956 era già riconosciuto dalla critica come uno dei più importanti e famosi pittori statunitensi. In seguito lo divenne a livello mondiale.
L’”Action Painting” ha in sé la concezione dell’artista centro esistenziale dell’opera, di cui lei è una estrapolazione su tela non solo della sua concezione estetica ma delle sue energie. L’artista diventa così oltre che creatore di segni, soprattutto essere che trasmette una parte di sé all’opera che finirà per racchiuderla attraverso la tecnica usata per dipingerla. Un concetto espresso in seguito da altri artisti come Georges Mathieus e che ha insito il presupposto che l’artista, per essere tale, deve avere appunto una carica energetica, un pathos non comune da trasmettere.
La tecnica del “Dripping” era, oltre che pregna dell’essenza umana di Pollock, una innovativa possibilità pittorica dai risultati estetici nuovi. Diffusasi velocemente tra gli artisti, ben presto fu sviluppata e dette origine ad altri tipi di “Action Painting”, in cui il colore veniva rilasciato sulla tela in modi diversi, geniali, bizzarri, fino alle estremizzazioni della pittura contemporanea, tra cui spicca la tecnica adottata dalla svizzera Milo Moirè che nel 2014 a Colonia, ha dipinto una tela lanciando colore racchiuso in uova, rilasciate dalla sua vagina.
Sul livello puramente estetico, le grandi tele di Pollock avevano un effetto comunque magnifico, esaltante, ipnotizzante nel loro apparente frastuono cromatico riconducibile ad un disegno emotivo originario.
Il “Dripping” è stata una tecnica molto discussa ed interpretata. Nata intorno alla fine della seconda guerra mondiale, alcuni critici vedono in essa la concretizzazione della manifestazione emotiva di un periodo intenso emozionalmente e storicamente cruciale, che è facile pensare, abbia influenzato la mano e la mente di Pollock.
Come una spugna, l’artista ne assorbiva l’essenza tragica, concretizzandola poi in questo suo gesto pittorico innovativo. Sono molti i critici che indicano negli sconvolgimenti bellici l’ispirazione dei principi del “Dripping”.
E’ un dato di fatto che l’esplosione sulla tela del colore, gettato dall’alto causale di macchie, cambiamenti cromatici voluti ma non perfettamente controllabili, può ricordare uno degli sconvolgimenti tecnici protagonista della seconda guerra mondiale, di cui qualsiasi contemporaneo ha captato l’avvento.
La drammaticità bellica non è mai stata così devastante come negli anni ’40, dove gli ordigni volanti non erano solo dotati di mitragliatrici, impegnati in eroici duelli aerei, ma di carichi mortali incredibilmente devastanti da sganciare in zone lontanissime da quelle di provenienza, da altezze rilevanti che toglievano qualsiasi senso di umanità ai loro portatori, tanto era il distacco da terra, dal mondo degli uomini che visto dall’alto appariva come brulicante di insignificanti formiche. I bombardamenti aerei furono una tragica caratteristica della seconda guerra mondiale, ne segnarono gli esiti fino all’epilogo devastante delle bombe atomiche gettate su Hiroscima e Nagasaky.
Pollock nel suo gesto pittorico sembrava ricalcarne l’enfasi.
Scaricando materia colorante dall’alto, riproduceva l’azione distruttrice dei bombardamenti aerei e dei suoi effetti, tecnica bellica nuova e tipica di quel periodo buio della storia umana, e come molto spesso è accaduto per altri artisti, la rivelava al mondo nella sua tragicità, forse non palesemente ma nella sua essenza, in una sorta di rito atto ad esorcizzarla.
Il 6 agosto 1945 alle 8:15 fu sganciata la prima bomba atomica su Hiroscima, tre giorni dopo ne fu gettata un’altra su Nagasaki.
Pochi mesi dopo, Pollock sposò la pittrice Lee Krasner e si trasferì a Spring dove il “Dripping” divenne la tecnica protagonista assoluta di tutte le sue opere future.
Dopo quella data ogni suo minimo riferimento figurativo si perde a favore di una non figurazione pura, se prima c’erano delle assonanze con l’astrazione iniziale di Kandinsky, dal 1945 la pittura di Pollock si trasforma assumendo la connotazione personale che l’ ha contraddistinta e resa celebre, un groviglio inestricabile di segni che si appropriano di tele sempre più gigantesche mentre la colorazione tende al grigio e gradazioni tonali fredde, quando non esplode di colori caldi.
E’ evidente la frattura stilistica e l’inizio di una nuova concezione artistica nei lavori di Jackson Pollock dopo il 1945, anno della fine della seconda guerra mondiale e del più devastante bombardamento mai registrato sul pianeta terra … caso?