
Uno di quei pittori di “Nature Morte” che può far venire complessi a qualsiasi artista iperrealista di moderna generazione e non solo, è Jan Davidsz De Heem (1606- 1684) pittore olandese del XVII° secolo. A salvarci dal suicidio artistico a cui potrebbe portarci l’eccessiva ammirazione dei suoi lavori è il ricordare che Jan Davidsz De Heem fa parte di quel mondo, di quel tempo in cui la totalità della raffigurazione era affidata ai pittori, che ingaggiavano tra loro una immane gara particolarmente seguita, a chi fosse il più fedele ricostruttore di immagini. Altri tempi, altre logiche esistenziali, certo meno frenesia, più spazio per la tranquilla, indispensabile quiete creatrice e la cura del dettaglio non essendo incalzati dal vivere frenetico odierno.

Le opere di Jan Davidsz De Heem, semplicemente perfette nella luce, nelle forme, nelle ombre, hanno anche quella forza emotiva, quel calore, presenti solo nei lavori dei più grandi artisti di tutti i tempi.

Certo non fu un innovatore, certo non fu un persecutore di nuove tendenze come il contemporaneo Van Dyck (1599–1641) ma si ripiegò su posizioni già prese dai suoi maestri, tra cui Balthasar van der Ast e David Bailly (1584-1657), ne continuò lo stile puntiglioso e preciso, arricchendolo in verità di quel sentimento di cui non si accennava nei suoi maestri e che invece era prerogativa della pittura dell’Europa mediterranea.

Jan Davidsz De Heem nacque infatti a Utrecht, in piena Olanda dove ritornò spesso anche dopo essersi stabilito ad Anversa. Divenne uno dei più stimati pittori di “Vanitas” poi, stimolato dagli artisti locali fra cui Frans Snyders (1579-1657) e Jan Fyt (1611-1661), più orientati verso composizioni sontuose, baroccheggianti, coltivò una vivace cromaticità e un’attenzione per la “Natura Morta“. Il suo stile divenne in breve oggetto di imitazione e ammirazione per artisti suoi contemporanei e posteri.

La lucentezza degli ottoni, la trasparenza dei chicchi d’uva e della frutta appena sbucciata hanno in verità pochi eguali nella pittura delle “Still Life” di tutti i tempi. Oltre a questo si vede nelle sue opere, farsi strada una evidente ricerca per la creazione di composizioni non convenzionali, anche se ancora nei limiti di una visione seicentesca.

I suoi vasi sono spesso rovesciati, i vassoi accatastati ospitano talvolta quelli che sembrano i resti di un avvenuto pasto, i suoi frutti sono sbucciati per metà e tra loro si fanno spazio talvolta anche quelli di mare, non di rado appaiono ostriche aperte, pronte per essere mangiate. Nel disordine ossessivamente riprodotto, le pennellate di Jan Davidsz De Heem si perdono in una superficie perfettamente levigata di incredibile qualità pittorica e riscaldano perfino gli ottoni, con una luce sapientemente modulata tra le ombre e lo scintillio, dove le bucce dei limoni assumono la consistenza e l’eleganza di una sfoglia d’oro.
