Jean Fautrier – Têtes D’Otages

Jean Fautrier – Têtes D’Otages

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Jean Fautrier – Tête D’Otage – 1943

Tra gli esponenti più illustri di quello che fu definito “Tachisme”, troviamo Jean Fautrier. Il “Tachisme” è la denominazione che P.Guéguen nel 1951 adottò per descrivere tendenzialmente la pittura di macchie (tache) dei pittori francesi nel linguaggio Informale e Astratto.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage


Jean Fautrier nasce in Francia (1898-1964), vive alcuni anni a Londra dove inizia un percorso figurativo affascinato dagli sconvolgimenti pittorici, atmosferici di Turner, fino ad orientarsi verso una progressiva disgregazione delle forme che prelude all’Informale.

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Jean Fautrier – 1942

Dal 1943 al 1945 è in Francia, dove prende parte alla resistenza. Di questo periodo è la sua produzione più entusiasmante. Testimone della prigionia dei partigiani francesi, inizia a dipingerne la tragica essenza.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage

Fautrier, rifugiatosi in un ospedale psichiatrico, può osservare quello che accade nella vicina prigione e con sentimento drammatico, dipinge non tanto la forma o le scene, quanto il pathos esistenziale che emanano. Nascono così le sue “Têtes d’otages”, la serie di dipinti che lo ha reso celebre.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage

Le teste degli ostaggi, così tradotto, sono la descrizione emotiva della tragedia che si svolge sotto i suoi occhi. Fautrier cerca una sintesi emozionale che parte da forme vagamente ovoidali umanoidi, ma da cui i lineamenti sono cancellati, alterati, assenti.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage N° 19 – 1944

L’espressione è sostituita da segni, a questa preferisce far risaltare le ferite sui volti, striature rosse o violacee, cicatrici dell’anima oltre che del corpo, composte da una matericità palpabile, grossolana, ottenuta con l’aggiunta di materie varie al colore tra cui colla, segatura e altro. L’impasto grottesco è poi spalmato con spatole su fogli o tela.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage N°8 – 1944

Come può un artista impossibilitato a fare qualcosa, documentare lo sgomento che suscitano quelle situazioni? Fautrier scarta l’ipotesi razionale descrittiva, si affida alla devastazione delle forme, all’incontrollato materico colore che nevralgicamente riempie gli spazi, rimarca i bordi delle figure quasi a sottolineare lo svuotamento avvenuto delle “têtes d’otages”, di quegli uomini svuotati di umanità e riempiti di frustrazioni e dolore.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage

Le sue figure assumono le connotazioni di teschi perlacei, teste a cui è tolto ogni caratteristica personalizzante, distinguibili per le diverse qualità di ferite inferte.

Jean Fautrier – Tête D’Otage

Ci sono volte in cui le parole non riescono a descrivere situazioni, stati d’animo in modo efficace, così il disegno, così la pittura, l’illustrazione. L’Informale va a coprire queste mancanze, lacune dove la sensibilità dell’artista riesce a ricreare, libera da schemi obbligati, gli stati emozionali vissuti in modo intenso, reale.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage N°14 – 1944

Fautrier è un maestro in questo, la sua trasposizione artistica riesce a ricreare l’angoscia di lui che osserva e di loro, i prigionieri che inconsapevoli sono portatori di un macabro messaggio, esempio di quanto l’uomo può essere inumano.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage – 1943

Il messaggio artistico delle opere di Fautrier è chiaro: non ci può essere una pittura Informale che non abbia alla base una emotività scatenante potente, travolgente. Il messaggio umano di Fautrier è altrettanto chiaro, così evidente che non c’è bisogno di scriverlo.

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Jean Fautrier – Tête D’Otage – 1944

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