Gli americani sono da sempre affamati di storia, perché non ne hanno o meglio perché la loro storia è recente, per questo, per loro l’Europa è un continente mitico, ne avvertono l’appartenenza come un pianeta lontano da cui sono andati via ma in cui riconoscono e vorrebbero riscoprire le proprie origini.
John Lopez è un artista statunitense “sui generis”.
Tendenzialmente l’Arte americana ci ha abituato ad una analisi spettacolare quando non inquietante del contesto contemporaneo proprio perché al contrario di noi europei, non possono ispirarsi a propri modelli storici. L’America scoperta solo nel 1492, è un continente giovane e specialmente nella parte settentrionale, le popolazioni autoctone e poi i coloni, non hanno lasciato testimonianze artistiche o architettoniche di rilievo.
Soprattutto non c’è stata, anche nei primi secoli dell’era coloniale, una cultura di preservazione, di valorizzazione della propria storia.
L’America è il presente, lo è sempre stato l’America è Jeff Koons, l’artista che coglie l’attimo in cui vive e lo rappresenta nel modo più eclatante e gigantesco possibile.
John Lopez no. Scultore, è nato e cresciuto nel South Dakota, tra i ranch, gli allevamenti di cavalli, nei luoghi dove scorrazzava Toro Seduto, dove migliaia di bufali furono sterminati senza pensare al domani, anche questo un avvenimento simbolico di una popolazione “mordi e fuggi”, che aveva rotto i legami col passato e che non guardava al futuro, ma al presente, all’arricchimento facile con le corse all’oro, alla conquista di territori senza curarsi di massacri di animali o di indiani.
John Lopez è un tipico americano cresciuto in quella che fu terra di conquista, allevando cavalli purosangue, percorrendo le immense praterie. Le sue radici sono recenti, se ne hanno poche testimonianze tangibili, ma sono vissute e tramandate da ormai abbastanza tempo per sentirle uniche e profonde e questo, per un artista americano è una grossa novità.
Lopez scava in quei pochi secoli di storia paragonati ai nostri millenni di civiltà e trova miti, leggende, simboli che rappresenta in grandi sculture in ferro, cerca nei fienili, tra gli attrezzi passati di mano in mano, di generazione in generazione e compone i suoi puzzle di pezzi assemblati con uno scopo preciso: arrivare a rappresentare una forma, un soggetto attraverso oggetti, rottami che hanno fatto parte o che sono stati significativi della sua storia.
Sono costruiti così i suoi cavalli di metallo, “Black Hawk”, “Iron Star” con pezzi assemblati di trattori e macchine agricole, ingranaggi e parti di treni, gli elementi che hanno sostituito i cavalli nel loro duro lavoro dei campi o di trasposto. Lopez erge sculture a questo infaticabile animale, alla sua bellezza, alla sua forza.
Nei giganteschi bufali “Dacotah” e “Wild West Buffalo”, Lopez incastona il ritratto di un capo indiano, parti di fucile, attrezzi antichi, tutto ciò che riesce a trovare e che fa parte del tempo in cui il grande mammifero dominava le praterie.
“The Revenant Hugh Glass” è la bellissima composizione in ricordo del leggendario Hugh Glass, pioniere sopravvissuto all’attacco di un grizzly che uccise con l’aiuto del solo coltello. Creduto morto tanto era straziato, riuscì a tornare a casa percorrendo 200 miglia e divenne un mito anche per gli indiani.
Infine, a ricordarci che tutto è possibile, dal cilindro di Lopez sbuca un Tirannosaurus Rex, la giovane America ha infatti reso alla luce non molto lontano dal suo ranch, le ossa del più grande tirannosauro ritrovato al mondo. Anche di lui Lopez fa un monumento e riesce a inserirci alcuni degli strumenti effettivamente usati nella scoperta e negli scavi del grande fossile.
Mai un artista americano si era interessato così profondamente alla recente storia degli Stati Uniti per dare vita alle sue opere, un concetto decisamente innovativo per un popolo che dal niente è arrivato a governare il mondo senza mai voltarsi indietro.