L’argento dei Vichinghi e gli Uomini Lupo

L’argento dei Vichinghi e gli Uomini Lupo

Il tesoro del vichingo Harald Dente Azzurro X° secolo d.c.

Premessa

E’ del 16 aprile del 2018 la notizia di un altro importante tesoro vichingo ritrovato, questa volta sull’isola di Ruegen, nel Mar baltico, dove le coste della Germania si affacciano a quelle svedesi. Prima qualche moneta, poi monili e gioielli, tanti da farlo classificare, con le sue totali 600 monete d’argento, uno tra i più ricchi tesori vichinghi rinvenuti in tutti i tempi.

Si è pensato da subito che disperso il quel campo in mezzo al nulla si fosse scoperto il tesoro del Vichingo Harald Dente Azzurro, il mitico capo che per primo rinnegò gli Dei nordici a favore del cristianesimo e con le sue abilità diplomatiche, unificò varie tribù baltiche. Fu così famoso al punto che il suo nome in inglese (Blue Tooth) è stato adottato per la tecnologia nata in Svezia utilizzata per la connessione di apparecchi elettronici a breve distanza senza fili e di cui addirittura, la rinvenuta sigla-firma del capo vichingo “HB”, ne è diventata il marchio.

Emblema del vichingo Harald Dente Azzurro ora anche marchio della tecnologia BlueTooth

Nel 1840 divenne famoso anche il ritrovamento del tesoro di Cuerdale nell’ansa del fiume Ribble, vicino alla città di Preston in Inghilterra. Sepolto nei primi anni del 900, conta ben 8600 pezzi in argento e metallo ed è ancora il tesoro vichingo più ricco di tutti i tempi trovato fuori dalla Russia e il 9° nella classifica totale.

I ritrovamenti di tesori vichinghi sono una costante di tutte le coste a nord dell’Europa, comprese l’ Inghilterra e la penisola scandinava.

Ma… Perché così tanti ritrovamenti? E soprattutto perché i tesori vichinghi sono praticamente tutti composti di monete e pezzi lavorati di solo argento?

Nessuno si è mai accorto o ha sollevato la questione sul fatto che effettivamente sia molto strano che una miriade di tribù vichinghe abbia sotterrato e poi dimenticato i loro tesori, senza riappropriarsene, senza rivelarne il nascondiglio ai loro figli o nipoti, semplicemente abbandonando fortune accumulate con la battaglia sotto terra, perdendole per sempre, rendendole inutili.

E ancora… Perché sotterravano solo l’argento? Metallo di grande valore anche se non al pari dell’oro, comunque certo spendibile e di grande ricchezza?

Di questi ad altri dubbi gli archeologi di mezza Europa si sono preoccupati ben poco, hanno semplicemente preso atto che era così e fatto solo il conto delle monete trovate.

L’ARGENTO DEI VICHINGHI E GLI UOMINI LUPO
Forse qualcuno si ricorderà del film “Il tredicesimo guerriero” del 1999, come uno dei tanti film sulle avventure dei Vichinghi rilette in chiave fantasy. In realtà quel film è tratto dal romanzo

“Eaters of the Dead: The Manuscript of Ibn Fadlan Relating His Experiences with the Northmen in A.D. 922” (Mangiatori di Morte: il manoscritto di Ahmad ibn Fadlan sulle sue esperienze con i Vichinghi nel 922)

di Michael Crichton del 1977, a sua volta ispirato ad un libro che fu realmente scritto dal viaggiatore mussulmano Ahmad ibn Fadlan nel X° secolo. Nel racconto, di grande interesse per gli storici e considerato fedele descrittore dei riti e delle usanze vichinghe, è documentato il suo viaggio fra il popolo vichingo dei Rus ed altre storie e leggende.

Nel film non hanno trovato posto i riti incredibilmente crudeli che accompagnavano le sepolture dei capi Vichinghi, ma la sceneggiatura si è invece involata verso racconti più fantasiosi che però in realtà hanno preso anch’essi origine da miti e leggende nordiche ben radicate e reali.

Infatti, il popolo guerriero Wendol, nemico del villaggio di cui si narra la storia è costituito da esseri spietati, terribili e orribili rivestiti di pelli di orso e con il fare e la ferocia simile.

C’è stata in effetti tra i popoli vichinghi una schiera di guerrieri chiamati Berserkir o Berserker, ferocissimi e famosi per le atrocità commesse verso i nemici, insensibili al dolore il cui Dio era il “furore” e che combattevano si dice, in uno stato di trance, di allucinazione selvaggia forse indotta da sangue di orso e lupo con altre sostanze. Il loro nome deriva dall’antica lingua vichinga e significa “uomini coperti di pelle di orso o di lupo” a seconda delle trascrizioni. Si narra che questi guerrieri combattessero vestiti di sole pelli e che fossero invulnerabili, addirittura che avessero così molto in comune con le bestie selvagge da trasformarsi nella battaglia in animali simili agli orsi o ai lupi.

I Berserkir che combattevano da soli, furono anche impiegati tra le truppe d’elite di alcuni capi vichinghi e alcuni divennero essi stessi capi. Degli Úlfheðnar (teste di lupo), invece si dice che combattessero in gruppo e dopo avere bevuto birra. Il loro nome significa “vestiti di lupo” perché le pelli di lupo erano i soli indumenti che avevano, compresa la testa come copricapo. Avevano la stessa ferocia e la stessa determinazione alla distruzione dei Berserkir. Furono le storie sugli Úlfheðnar che contribuirono a divulgare le leggende sui “Lupi Mannari”, definiti “Licantropi del Baltico” dai vescovi cristiani.

Assieme ai Berserkir furono i protagonisti di molti miti e leggende e furono presenti nelle saghe dei racconti di Odino e degli Dei. La loro capacità di esulare dalla forma umana per diventare animali selvaggi fu in seguito condannata nelle tribù baltiche quando ci si diffuse la fede cattolica, in quel tempo, alla spietatezza e all’audacia guerriera si preferì esaltare altre doti umane. Allora da leggendari, inarrestabili guerrieri vennero visti come mostri diabolici e fuorilegge. Ma il mito del “Lupo Mannaro” era già radicato, complici anche racconti di eroi mitici che ne incarnavano lo stato trasformandosi in bestie feroci incapaci di distinguere i nemici e gli amici. Uno dei miti più interessanti è quello del lupo Fenrir, nato dall’unione tra il Dio Loki e la gigantessa Angrboða che, astutissimo e ferocissimo, cresceva a dismisura portando terrore anche tra gli Dei.

Insomma, alla fine del X° secolo, al tempo in cui il cristianesimo si diffuse sulle coste del Mar Baltico, il mito dell’uomo lupo era già presente da secoli nelle coste del nord Europa quale essere portatore di ferocia e distruzione, ma si trasformò con l’avvento della nuova dottrina fino a prendere una connotazione negativa. E’ appunto in quest’epoca che venne nascosta l’enorme quantità di tesori vichinghi poi rinvenuta.

Ci può essere una relazione tra i mucchi di argento sepolti nei campi, sotto le ormai antiche costruzioni o dove prima ce n’erano, ai piedi di ponti o strade e il mito del “Lupo Mannaro”? E’ forse dovuto ad una antica superstizione che narra dell’argento quale unico elemento in grado di recare danno ai “Lupi Mannari” il seppellire questi tesori per mai più dissotterrarli, non per nasconderli da razzie? Gli argenti erano quindi preziosi non perché commerciabili ma perché appunto deterrenti per i “Lupi Mannari”?

Il tesoro vichingo di Cuerdale X° secolo d.c.

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