Galleristi, collezionisti, appassionati d’Arte. Tutti affamati di novità, tutti alla ricerca di qualcosa che li scuota o li percuota e li risvegli dalla noia esistenziale che evidentemente li attanaglia. L’arte contemporanea si sa, si nutre di novità, quando non di stranezze.
Da quando, ormai più di un secolo fa, i primi artisti lasciarono i pennelli, gli scalpelli e iniziarono a servirsi di altri materiali per creare immagini, la voglia di nuovi mezzi espressivi non è più cessata.
Si dipinge con tutto, dal sangue di Nitsch alle uova riempite di colore lanciate dalla vagina della svizzera Milo Moirè fino all’inglese Millie Brown, che dipinge con un mix di latte e colorante, ingurgitato e vomitato sulla tela.
Si creano sculture con ogni mezzo, dal più antico a quelli che la tecnologia mette a disposizione, ai pc, fino alla polvere scolpita di Paul Hazelton. Si creano immagini, possibilmente servendoci di materiali o oggetti impensabili e i risultati sono a volte gradevoli, a volte forse no, come le opere di Enzo Fiore che per le sue sculture e i suoi ritratti di icone Pop, si serve di muschio, foglie, radici, terra, pietre, resina, cemento e ….insetti!
Se nelle prime concezioni dell’utilizzo di materiali alternativi agli inizi del ‘900 si perseguiva una predisposizione non figurativa che assecondava all’avvento dell’Astrazione, nell’era contemporanea, dove si è assistito ad un ritorno alla figurazione, i materiali più disparati sono utilizzati per creare immagini e sculture identificabili come volti, anatomie e la finalità essenziale degli artisti sembra proprio essere la dimostrazione di saper ricreare con i materiali meno adatti, figure realistiche.
Sono così tanti gli artisti che hanno intrapreso la via della figurazione con questi metodi alternativi che fare una lista anche solo dei più conosciuti è impossibile, posso solo citare i primi che mi vengono in mente, forse non i più interessanti , forse neanche i più originali, comunque degni di nota.
Serge Belo è un giovane artista canadese. Prima della sua ultima maratona-istallazione, era conosciuto per le sue costruzioni artistiche su tela, un intreccio di fili simili a ragnatele che si andavano distaccando fino a raggiungere un livello tridimensionale, originando al fine volti, figure, anatomie.
Belo si è poi evoluto ideando istallazioni apprezzabili, sicuramente sotto il profilo ideologico-motivazionale. Una delle più interessanti è “L’Albero Guardia” realizzata per Greenpeace.
Circa 60.000 persone hanno collaborato firmando la costruzione di Belo, cercando in questo modo di sensibilizzare la popolazione contro il fenomeno della deforestazione. Il monumento a forma di conifera, ricavato con sezioni trasversali ad imitare la tecnica usata per l’abbattimento degli alberi, misura più di tre metri e mezzo ed è costruito interamente in materiale riciclato, bianco.
Ma Serge Belo si guadagna il merito di essere citato in questo articolo per la sua ultima opera: in occasione della “Giornata Mondiale dell’Acqua” il 22 Marzo 2013, ha realizzato una figura di feto ottenuta con la composizione di un mosaico di 66.000 bicchieri, ovviamente biodegradabili, riempiti con acqua e 1 kg di colorante rosso vegetale.
Più di 100 volontari lo hanno aiutato in 62 ore di lavoro a formare la figura di circa 100 metri quadrati.
I bicchieri e l’acqua colorata, sono simbolici della quantità di impurità trova nelle acque inquinate di tutto il mondo e della drammatica situazione in cui si trovano ancora molti popoli, dove l’acqua è insufficiente o non potabile e i bambini nascono senza il necessario fabbisogno esistenziale.
Più profano è il lavoro di Augusto Esquivel, giovane artista argentino, che si è specializzato nella costruzione di immagini con file di bottoni.
Dalla riproduzione di icone Pop ormai classiche, alle forse più interessanti sculture di bottoni, Esquivel come un novello Warhol o come un sarto impazzito, si esalta nell’infilare bottoni di diverse misure e colori in fili penzoloni per ottenere effetti particolari, di cui il giudizio è da definire: stranezze o Arte?…Sicuramente sono originali.
Il sogno di molti si realizzerebbe invece nel possedere le sculture di Niso Maman, artista israeliano classe 1957, se fossero realmente realizzate di monete d’oro come sembra, invece che di bronzo. L’effetto è comunque attraente.
Non ci poniamo questo problema con le sculture di Gabriel Rufete, spagnolo.
Le monete che usa sono vere.
Lui ha trovato il modo di impiegare quei centesimi di Euro che ci rimangono in tasca a fine giornata, in maniera costruttiva.
Le sue sculture sono infatti costituite da monetine saldate tra loro che in questo modo acquistano una lucentezza e una texture veramente interessante. Anche per Gabriel Rufete ci viene in mente una domanda ovvia da porgli, forse non ispirata dal puro amore verso l’Arte, ma dall’irrefrenabile curiosità :” Quant’ è il totale dei centesimi per ogni scultura?
Infine Anne Karin Furunes, norvegese classe ’61. Specializzata nella riproduzioni di foto in bianco e nero, con una predisposizione per quelle antiche trovate in archivi spesso appartenenti a sconosciuti.
La Furtner non si distingue in verità per i materiali usati ma per come li usa, il supporto è infatti la classica tela, che inizialmente viene interamente dipinta di nero. L’eccezionalità delle sue creazioni si deve al fatto che i volti da lei scelti appaiono disegnati da buchi di diverse dimensioni disseminati ovunque.
Non si può dire che le sue opere siano una citazione di Fontana, che con le sue tele forate ha scritto un pezzo di storia dall’Arte, il concetto di base dell’artista italiano è profondamente legato allo Spazialismo e il risultato è completamente diverso.
Anne-Karin Furunes ha un approccio alla tela meno concettuale e più sostanziale, quello che gli interessa è il risultato figurativo.
L’effetto ricorda quello dei vecchi fumetti fatti con il “rertino” ossia quella tecnica che grazie a spazi bianchi, permette di ottenere più sfumature di colore anche se si ha a disposizione solo gli inchiostri base.
Si può pensare che l’artista norvegese abbia trovato in Roy Lichtenstein l’ispirazione per le sue opere.
Fu infatti l’artista statunitense che negli anni ’60 portò all’attenzione dei galleristi le icone dei fumetti come immagini simbolo dell’America e ingigantendo le vignette, ne fece opere d’Arte Pop mettendo in risalto appunto questo processo.
Anne-Karin Furunes ne riprende per certi versi il lavoro. Le sue tele se osservate da grande distanza sembrano discrete opere in gradazioni di grigio e nero, ma se osservate da vicino, si rivelano per quello che sono, un insieme di buchi perfettamente rotondi di dimensioni variabili che nella totalità danno origine a immagini tridimensionali perfettamente sfumate.
Infine, non possiamo non citare la più strana forma di Action Painting conosciuta ad oggi.
Tim Patch, ovviamente statunitense classe ’63, in arte Pricasso ha deciso di usare una delle parti del corpo più importanti per la creazione di dipinti. Il biondo palestrato Tim Patch dipinge con il pene, sotto il sole della California, lo usa esattamente come un pennello, non con colori ad olio che potrebbero creare irritazione, ma con quelli acrilici.
Non essendo decisamente superdotato, Patch dipinge di fino, i suoi ritratti di politici sono ormai famosissimi, ovviamente non tanto per la qualità pittorica scarsa, ma per l’ilarità che il solo pensare alla sua tecnica realizzativa scatena. Perchè dipingere con il pene? Inutile chiederglielo, dalla tonalità fucsia in cui stucchevolmente affoga il suo sito web personale, si capisce che del suo pene non potrebbe farne altri usi. Chi non vorrebbe avere in casa un ritratto fatto da Pricasso?