Leonardo da Vinci – La Gioconda – 1503/1514

Leonardo da Vinci – La Gioconda – 1503/1514

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La Gioconda – Leonardo Da Vinci – 1503/1514

Il quadro più famoso al mondo è senza dubbio La Gioconda di Leonardo da Vinci, un olio su tavola iniziato nel 1503, ritoccato continuamente, finito forse nel 1514.

La storia dell’esecuzione dell’opera e quella della modella che si è prestata per la rappresentazione pittorica, si intrecciano con l’enigma che è sempre stato Leonardo Da Vinci e con la miriade di aneddoti che l’accompagnano. Il mistero del sorriso della dama del quadro è famoso al pari di altri misteri come le piramidi o la sfinge. La cosa di cui non si parla più è la bellezza di questo dipinto.

Leonardo Da Vinci era un pittore di grande scuola, finissimo e maniacale nei suoi lavori sia artistici che di altre discipline; impiegava anni prima di dichiarare terminata un’opera e di esserne appagato . Nella pittura eccelleva. In tutta la sua limitata produzione pittorica si riscontra una virtuosità e padronanza della tecnica che non ha eguali, tali da superare anche la perizia del miglior Raffaello. Se si pensa ai materiali usati al tempo, si arriva alla conclusione che Leonardo entra di diritto tra gli artisti che hanno in sè una scintilla o forse più, di essenza divina.

Le dimensioni dell’opera, come la maggior parte delle tavole di Leonardo non sono ampie, 77X53 cm.

La struttura del dipinto è in realtà molto semplice: una figura di donna dalle ricche vesti ma senza gioielli o abbellimenti troppo sfarzosi sta, si presume, seduta davanti ad un paesaggio che Leonardo sapientemente sfuma per dargli profondità.

Il paesaggio, un insieme di verdi e turchini nel fiume, nel cielo, nei monti e nell’atmosfera rarefatta dell’insieme, contrasta con la lucentezza del volto, delle mani e della parte bassa del quadro più vivace e colorata, dai gialli, le terre, il castano rossiccio, colori che si ritrovano anche nell’incarnato e nelle vesti della donna.

C’è quindi un risalto evidente, uno stacco tra lo sfondo freddo dai verdi azzurri e la parte del paesaggio più vicina, già più calda che mette in evidenza la figura ritratta e prepara all’avvento dei bruni.

Senza titolo-1 copia.jpgmmmmmmI castani avvolgono come una cornice il volto, le mani, le vesti che ricoprono gli avambracci, i capelli in un crescendo sapientemente modulato di luce e ocra fino ad arrivare al pallore degli incarnati che in questo gioco di colori, risplendono come illuminati da fari, creando l’effetto rafforzato di quella classica luce cinquecentesca: non è una fonte luminosa esterna che illumina ma una luce interiore.

Leonardo è un maestro e in ogni centimetro dei suoi quadri vuole ribadirlo.

Le vesti, ad un primo sguardo semplici, si rivelano straripanti di ricami dalle mille sfumature ottenute dai pochi colori usati con una sovrapposizione di veli leggerissimi e increspati. Le maniche sembrano intessute di fili d’oro e non si risparmiano di rivelare pieghe morbidissime come tutto il resto dei panneggi in cui Leonardo è maestro.

Nei passaggi di velature sovrapposte, si arriva ad assaporare un livello di plasticità impensabile, come per il velo sulla spalla di destra che ci nasconde in modo egregio un merletto troppo vistoso che avrebbe rovinato la delicatezza dell’insieme.

Senza titolo-2 copia.jpgfghfghfghfghfLa leggerezza dei capelli si fonde con la trasparenza del velo che li ricopre in una modulazione tonale dal bruno al castano, al rosso che ci prepara alla visione della prima ombreggiatura del volto.

Leggerissimi, gli incarnati si modellano con una sensibilità unica e descrivono la rotondità perfetta del viso e del collo, fondendosi nell’ampia zona del petto, che inspiegabilmente risplende forse più del volto, in un gioco di rimando di luce come la luna sull’acqua nel buio della notte.

Come tutti i grandi pittori Leonardo ritrae anche le mani, le dita, le unghie sempre con la morbidezza che lo contraddistingue, racchiudendole in velature castane impercettibili nella loro modulazione e ombreggiatura.

Non si risparmia i dettagli del bracciolo della sedia e non tralascia di far emanare anche dalla pelle delle mani quella luce calda che sembra straripare tra vesti scure.
Lo sfondo paesaggistico è in realtà trascurato rispetto alla descrizione delle vesti e delle anatomie.

Senza titolo-1 copia.jpgfghfghfQuello che ancora è protagonista nel volto leonardiano è la modulazione delle ombre, la capacità di rendere la rotondità delle carni e la trasparenza della pelle, l’enfatizzazione dei gruppi muscolari sottocutanei che certo conosceva benissimo, la possibilità di rendere i passaggi dei pieni e dei vuoti del viso in maniera morbidissima e con una gamma di sfumature vastissima restando comunque nella tonalità degli ocra. La spietata ritrattistica del naso, in cui si intravede la morfologia non perfetta, è sublime e tridimensionale senza il bisogno di accennare riflessi troppo intensi, Il disegno nell’ombra nella parte inferiore vi si intona perfettamente.

Immancabili le fossette agli angoli della bocca, come un marchio di fabbrica dei suoi soggetti, mostrano ancora una volta la capacità di descrivere gli angoli più nascosti e caratterizzanti del viso.

Monna Lisa, immersa in un paesaggio lugubre, impreziosita della sola interpretazione pittorica di un maestro, ci guarda e conscia del fatto di essere un capolavoro, accenna un sorriso come fosse una regina.

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