Artista internazionale classe 1956, vive e lavora a Roma da sempre ed ha al suo attivo tre partecipazioni alla Biennale di Venezia.
Marco Tirelli gioca con la figurazione ai limiti dell’Astrazione, mischiandone i termini, per arrivare poi a definire forme figurative che lasciano però spazio all’interpretazione soggettiva.
Nella sua serie di opere più interessanti, risalta evidente una intenzionale ricerca attuata attraverso la sensibilità pittorica, improntata verso la modulazione tonale, spesso monocromatica.
Marco Tirelli sfoggia una sensibilità non comune nel dipingere i suoi oggetti improbabili, le sue costruzioni tridimensionali, i suoi ambienti impalpabili andando oltre la definizione di artista metafisico.
Al centro di questo ciclo artistico c’è appunto la qualità pittorica intesa come possibilità rappresentativa figurativa, asservita ad uno sfoggio di tecnica del chiaroscuro espressa ai massimi livelli.
Attraverso tecniche mischiate quali tempera, china, acrilico, Tirelli ottiene superfici verosimili ma finemente sfumate che fanno di oggetti e forme, a volte anche semplicissime, opere non solo di elevato contenuto tecnico, ma anche espressivo.
Ed è proprio in questo suo ricercare anche nelle forme più semplici la trasformazione in acromatiche ma funzionali e magnifiche immagini, che viene risaltata la sua mano leggerissima, il suo fine gusto estetico.
Maestro nel dosare la luce, incastona le sue forme sfumate in ambienti soffusi nella penombra, talvolta tagliati da contorni netti, geometrici, spiazzanti.
La ricerca della resa prospettica è evidente e si inserisce nelle sottili sfumature originando finestre in mondi immaginifici, universi incantati dove le leggi della perfezione rappresentativa trovano esatto equilibrio e paradossalmente, atmosfere languide e rarefatte ci guidano invece dietro enigmatici angoli o scorci di luce che mostrano ipotetiche strade verso l’irrazionale.