Max Ernst – L’Antipapa – 1942

Max Ernst – L’Antipapa – 1942

 

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Max Ernst – L’Antipapa (particolare) – 1942

 

Il Surrealismo ha avuto grande fortuna. Nato all’inizio del ‘900, si è sviluppato con i suoi capiscuola, i più conosciuti, Max Ernst (1891-1976), Renè Magritte (1898-1967), Salvador Dalì (1904-1989), André Masson (1896-1997), Man Ray (1890-1976), Raymond Georges Yves Tanguy (1900-1955), Joan Miró (1893-1983), per poi diffondersi sulle tele di moltissimi grandi artisti.

Il soggetto surrealista piace, perché nonostante sia una pittura figurativa, lascia ampio spazio alla fantasia, alla costruzione libera da schemi preconcetti imposti, anche se i grandi Surrealisti, tendono a dipingere i loro soggetti irreali, nel modo più realistico possibile, riuscendo a dare ai loro quadri quella contraddittoria veridicità tipica dei sogni .

Spesso, la pittura surrealista, soprattutto quella moderna, implica una discreta qualità pittorica, quando non si nutre solo di geniali trovate sceniche.
André Breton (1896/1966) fu poeta, scrittore e critico, uno dei principali teorici del movimento Surrealista. Fu lui a dargli una notevole spinta e a curare la prima Esposizione Internazionale Surrealista che si tenne a Parigi nel 1925.

La principale fonte ispiratrice, secondo i fondatori del Manifesto Surrealista, doveva essere l’inconscio. Breton restò fortemente influenzato dalle teorie freudiane, dallo studio sui sogni e ne fece le basi teoriche del Surrealismo.
Il sogno, in quanto proiezione dell’inconscio nella nostra psiche, aveva una forte componente attrattiva perché utile a rivelare al pittore ciò che forse lui stesso in uno stato di veglia, non osava ammettere. Paure, angosce, gioie, speranze, per i pittori surrealisti i descrittori della nostra reale emotività erano i sogni.
Questa caratteristica primaria ha poi lasciato il posto ad altre fonti di ispirazione, quali ad esempio la fantasia , la costruzione cerebrale, come nei quadri di Escher (1898-1972), la bizzarria, l’invenzione di nuove anatomie, figurazioni, mondi.

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Max Ernst – L’Occhio del Silenzio – 1944

Fedele al primo approccio surrealista, rimase invece Dalì, che spesso dichiarò di aver sognato delle scene che poi dipinse. Un altro Surrealista della prima ora che spesso si attenne alla componente onirica per spiegare, quando non per giustificare, i suoi quadri fu Max Ernst.

Definire la pittura di Ernst Surrealista è però riduttivo, i suoi universi dell’inconscio sono descritti con una personale visione pittorica che non si può ignorare. Non c’è la ricerca di una riproduzione realista, ma una vera e propria esplosione della capacità di creare soggetti onirici, paesaggi impossibili, scene biografiche attraverso una visione surreale, trattati però con una capacità pittorica impressionante e uno stile molto personale e caratterizzante. Insomma i quadri di Ernst sono interessanti non solo per i soggetti fantasiosi e innovativi, ma soprattutto per un virtuosismo pittorico ricco e donato a piene mani.

Lo sfarzo descrittivo degli sfondi o delle vesti, basta da solo a rendere un’opera degna di nota e infatti, spesso, Ernst, si estranea da soggetti umanoidi per concentrarsi sul solo paesaggio, onirico però dettagliatissimo.

 

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Max Ernst – L’Antipapa – 1942

 

L’Antipapa” del 1942 è uno stupendo olio su tela di 160,8 x 127,1 cm in cui come spesso faceva, Ernst si racconta, o meglio, racconta un pezzo importante della sua vita affettiva.

A dispetto del titolo, il quadro non ha alcun riferimento religioso, l’appellativo “antipapa” e il presupposto che ci sia un “papa” a cui si contrappone, è ovviamente riferito a Peggy Guggenheim e forse, a Leonora Carrington, le due figure femminili di riferimento di Ernst in quel periodo.

La concomitanza di eventi che ha dato frutto al tema della composizione è ormai nota, descritta in molti articoli di critica d’Arte. Max Ernst nacque in Germania, grande amante della natura femminile non solo nell’Arte ma soprattutto nella vita, sposò Peggy Guggenheim nel 1941 e già saturo dei combattimenti della prima guerra mondiale, si rifugiò a New York. Nota donna dalle mille risorse tra cui quelle economiche, Peggy da sempre si era interessata alla cultura e all’Arte costruendosi una interessante rete di amicizie in questi settori, arrivando a influenzare e frequentare i più importanti artisti del tempo. L’idillio con Max Ernst fu interrotto da una “sbandata” per Leonora Carrington (1917-2011), pittrice surrealista inglese.

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Leonora Carrington – Who Art, Thou White Face? – 1959

Ne seguì il divorzio nel 1943, per questa data, sembra che anche la relazione con la pittrice fosse ormai al termine. Il quadro fu finito nel Marzo del 1942, ne supponiamo che neanche un anno dopo il matrimonio già Ernst profetizzava il suo divorzio. Insomma un matrimonio breve, ma decisamente intenso.

Si potrebbe a questo punto approfondire la questione sulla caratterizzazione dei personaggi, già dibattuta e pubblica: la Carrington dovrebbe essere il volto femminile che appare sulla destra, assieme al muso di cavallo, animale che lei amava. La figura con la camicia rosa dovrebbe essere Ernst, dipinto con fattezze certo non virili, che si rifugia tra le amorevoli cure dell’amante, mentre Peggy Guggenheim è incarnata nella figura vestita di rosso, dal copricapo simile ad un gufo, parallelamente rappresentata nella “Vestizione Della Sposa” del 1939, appunto prima del suo matrimonio. Sullo sfondo la figura pietrificata come una colonna, nascosta da una texture inverosimile è stata identificata come la figlia di Peggy.

Questa è la ricostruzione solita ufficiale. Ne viene fuori una scena inquietante che a dire il vero, a noi, amanti prima di tutto della grande pittura, non interessa più di tanto.

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Max Ernst – La Vestizione Dela Sposa – 1939

Ricostruzione che tra l’altro non tiene conto della completa, complessissima vita sentimentale di Ernst.
Infatti nel 1927, Max Ernst era già sposato con Marie-Berthe Aurenche, ma incurante del matrimonio, ebbe altri legami sentimentali tra cui la storia con Meret Oppenheim, considerata la musa ispiratrice di tutto il movimento Surrealista, forse la vera “antipapa” del quadro.  Marie-Berthe, ridotta a cercare il marito la sera tra le braccia delle sue amanti, nel 1936 divorziò. In seguito ebbe una relazione con Chaim Soutine (1893-1943) e infine morì suicida nel 1960.
Max Ernst dopo il divorzio si invaghì ricambiato di Leonora Carrington che, sembra lo abbandonò dopo una scenata fattale dalla Marie-Berthe che anche se ex moglie ancora lo andava cercando.

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Max Ernst e Marie-Berthe Aurenche – Foto di Man Ray – 1930

In questo periodo Ernst, conobbe Peggy Guggenheim e con lei si trasferì in America.
Dopo il matrimonio con Peggy, Ernst ritrovò Leonora Carrington e fu la causa del suo secondo divorzio.

Questa è la versione che scavando tra i reperti si arriva a conoscere, quella reale potrebbe essere molto più complessa. Per questo motivo, ricostruire i personaggi e la soggettistica mediata dal subconscio che ispirò Ernst nell’”Antipapa” è una operazione che non ci azzardiamo a fare: troppo complessa! Perfino le spiegazioni dello stesso Ernst, contemporanee al quadro, non ci convincono, suonano più come una giustificazione che deve tenere conto degli affetti in quel momento intorno alla sua persona piuttosto che una soluzione all’enigma.

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Max Ernst e Leonora Carrington – 1939

L’Antipapa” è in ogni caso un capolavoro della pittura surrealista, non solo ne incarna gli ideali programmatici del manifesto, ma è dipinto con la capacità descrittiva di Ernst applicata alle sue atmosfere assurde e sognanti. I soggetti sono quanto di più lontano dal reale ci possa essere, ma il virtuosismo di Ernst li descrive minuziosamente, come se ne avesse un modello davanti.

Certamente frutto di un grande studio della pittura, Ernst riesce a riprodurre la tridimensionalità di ricami, merletti e stoffe vellutate, piume che si intrecciano con decorazioni floreali, mettendo a frutto il mestiere di pittore, l’unico suo interesse concreto, l’unica sua passione mai sopita, nel riprodurre immagini inesistenti con una qualità realistica.

Sono infatti i drappeggi e le decorazioni che colpiscono chi osserva, non tanto i personaggi o il loro ruolo. Addirittura, Ernst riesce a rendere il fondo del quadro coprotagonista, riempiendolo di un groviglio di oggetti che sembrano ben rifiniti, invece si rivelano indefiniti quando li si osserva da vicino e non si riesce in realtà ad identificarli. Conchiglie? Sassi? Vasellame? Terra? Il fondale assume le fattezze di una discarica di strani oggetti dalle sfumature dell’oro, un improbabile acquitrino che prelude alla vastità di un lago in lontananza, su cui stranissimi scettri o lance riccamente decorati recitano una parte segreta.

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Max Ernst – Lediger Baum Und Vermaehlte Baeume – 1940

I quadri di Ernst sono spesso caratterizzati da questo groviglio di forme che a volte danno origine a figure o le inglobano, altre volte invece ne esaltano la qualità impreziosendo i soggetti. Questa massa sembra essere un tessuto nervoso estesosi dall’inconscio, materiale cerebrale che non solo produce visioni oniriche ma fornisce la materia per renderle vere. Simbolo confusionale dell’universo onirico, dove ogni scena o oggetto cambia, dove le cose sembrano essere in un modo ma si rarefanno quando ci si avvicina, perdendo consistenza, materia, ricordandoci che siamo nel mondo dei sogni. In alcuni suoi quadri, l’inestricabile tessuto sembra dare origine a vegetazioni, alberi, dalla superficie stupendamente dettagliata ma irreale, somiglianti ad alghe, vegetazione marine cresciute caparbiamente all’aria aperta sfidando ogni costrutto logico. In altri ci ricordano un intrigo emozionale, una sorta di tessuto connettivo emotivo che prende a volte la forma del cervello umano, questo stupendo organo fonte e gestore dell’esistenza cosciente e inconscia.

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