Quando si parla del Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro – 1528

Quando si parla del Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro – 1528

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Venere E Amore Spiati Da Un Satiro – 1528

Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534) riposa ovviamente nel cerchio più alto del Paradiso riservato agli artisti. Di certo il creatore ha voluto vicino a sè altri creatori soprattutto se questi sono stati capaci di dare al mondo bellezza infinita, di qualità mai più eguagliata, perfezione assoluta.
Questo è il Correggio, maestro tra i più grandi del Rinascimento, basta trovarsi davanti ad uno qualsiasi dei suoi quadri per capirlo.

Venere E Amore Spiati Da Un Satiro” è un olio su tela 190×124 cm del 1528, forse non tra le sue opere più conosciute, ma già elevato dai pittori posteri a modello di sublime maestria. Willem Van Haecht (1593-1637), famoso per i suoi dipinti raffiguranti le vedute degli studi di pittori e collezioni private, nel 1630 lo mise in quello  che chiamò “Lo Studio Di Apelle”, volendo in questo modo omaggiare il leggendario pittore greco.

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Willem Van Haecht – Lo Studio Di Apelle- 1630

In “Venere E Amore Spiati Da Un Satiro” non possiamo trovare la perfezione, ma qualcosa di più, qualcosa che va oltre il riscontro con ciò che reputiamo perfetto. L’opera è una raffigurazione di un convitto di dei e quindi giustamente non c’è riscontro nella natura conosciuta dall’uomo che possa essere fatto, Correggio vuole rappresentare la natura divina e per quanto impossibile, ci riesce.

Inutile soffermarci sulla classicità del disegno e della posa, sulla resa prospettica, sul taglio fotografico quasi angolare che distorce quanto basta le anatomie per farcele assaporare di più in tutta la loro veridicità.

Inutile soffermarsi sulla morbidezza impalpabile delle velature cinquecentesche rese ai massimi livelli, tecnica difficilissima ma che dà l’impressione e l’evidenza della pelle.

Inutile soffermarsi sui panneggi, che qualcuno dice rivelino la qualità dell’artista, per Correggio sono scontati, dipinti con una naturalezza disarmante nella loro eterea, ombreggiata posa nel sottobosco.

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Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro (particolare) – 1528

Tutti brani di grande pittura che si sovrappongono e ne nascondono altri altrettanto splendidi che sfuggono all’osservatore per i tanti che sono. Perfino la faretra alle spalle della Venere dormiente, ricoperta di pelliccia e ori, complicatissima nella realizzazione, è un pezzo di pittura magistrale completamente offuscato dall’ impensabile leggerezza con cui è dipinto il grottesco satiro alle sue spalle.
Alla maniera cinquecentesca, non c’è un centimetro di tela trascurato da un virtuosismo pittorico espresso al massimo.

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Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro (particolare) – 1528

In così tanta inarrivabile espressione pittorica, non si notano i capelli bellissimi del putto, ma soprattutto quelli della dea, ricamati da riccioli dorati mossi, seminascosti da un’ombra e una luce alternata e vitalizzante.
Basterebbe la stupenda fattura dei piedi dei due dei per restare incantati a guardare quest’opera senza avventurarsi nella ricerca della bellissima mano di Venere, resa in uno scorcio prospettico che farebbe rabbrividire qualsiasi pittore tentasse di realizzarlo, assieme a quella di Cupido.

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Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro (particolare) – 1528

Tutto questo talento irriproducibile, nel quadro di Correggio è invece solo cornice del punto focale cui gira tutto intorno: la stupenda posa di Venere dal mento piegato all’indietro, seminascosta nell’ombra e sorretta dal braccio. Questo è il primo particolare che cattura lo spettatore e non lo lascia più, rendendo quasi inutile, lo sfarzoso spreco di tanta virtuosità pittorica espressa in tutto il resto dell’opera. Incantati da questo particolare, riusciamo a stento a togliere lo sguardo dal centro del quadro e ancora abbagliati, il resto non ci appare che una semplice conseguenza pittorica.

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Coreggio – Venere E Amore Spiati Da Un Satiro (particolare) – 1528

Eppure riemergendo da una estasiata contemplazione ci accorgiamo che la testa della Venere non ha i canoni giusti di proporzione, che non può essere così evidente. Questo pensiero fugace, lascia il posto alla irrazionale verità, ovvero che è giusta così, che oltre l’esattezza anatomica, una dea della bellezza deve assolutamente risaltare per la radiosità del volto e il pittore in questo caso, non può che carpirne l’emotiva rappresentazione:  un viso che abbagliante, appare più grande di quanto dovrebbe essere.
Dopo aver visto il viso della Venere scolpito nella tela con una morbidezza disumana, la sua espressione assorta, rapita dai sogni, tutto il resto del quadro sembra scontato e forse lo è…… nelle opere del Correggio.

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Correggio – Madonna di San Girolamo (il Giorno) – 1528

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