Romario Rolook Lukau – Black live matter from Kinshasha
La cultura occidentale attraverso l’Arte ha analizzato spesso le sue contraddizioni e le sue problematiche intrinseche, causate da millenni di storia che ci hanno spinto verso una società democratica e libera che però deve fare continuamente i conti con nuove sfide, ed ogni volta i suoi bellissimi ideali di fraternità e progresso sono messi a dura prova dalla realtà. La questione razziale, la libertà di culto, le progressive ondate di immigrazione forse mai come negli ultimi decenni hanno messo a dura prova le basi fondanti la società occidentale, portando qualcuno a ridiscuterle, sentendosi in pericolo, soprattutto in questi momenti di crisi economica. L’Europa assomiglia sempre più a quel crogiuolo di razze che sono gli States, e sempre più ne ha le problematiche conseguenti, a cui non si è ancora trovato una soluzione. Le culture di nazioni a noi un tempo lontane si stanno avvicinando e la sfida è quella di non farcene sopraffare né di ghettizzarle ma di includerle in qualche modo, inglobarle nella nostra società trovando il sistema di arricchire entrambe.
In questo contesto, l’Arte Africana si propone in Europa, dove già si era affacciata timidamente all’inizio del ‘900, quando un giovane Picasso ne riprese alcuni aspetti per dipingere le sue maschere nelle tre dimensioni spaziali, a suo modo. Fu un periodo intenso e furono in molti a ispirarsi alle culture tribali africane per innovare le linee del disegno dell’Arte, in una Europa che voleva ringiovanire, gli artisti che si tuffarono in questa avventura sono divenuti poi pietre miliari, tra questi Modigliani, Brancusi.
Ma oggi qual è lo stato dell’Arte Africana? Le opere africane faticano a pervenire a noi, quindi la maggior parte degli artisti si stabiliscono in Europa o in America perdendo la propria genuinità, la visione della loro parte di provenienza e tendenzialmente iniziano a professare una versione artistica praticamente occidentale della loro terra che non la rappresenta più perché ormai contaminata.
Romario Rolook Lukau è un giovane artista di Kinshasha nella Repubblica Democratica del Congo, fortemente attratto dalle problematiche sociali sia locali, sia globali. La sua Arte riesce a fondere la tradizione delle linee e del disegno africano con tematiche contemporanee. Nei suoi quadri hanno spazio conflitti, critica sociale e una forte attenzione per la questione razziale contemporanea. Nelle sue opere si può osservare l’altra umanità dall’atro lato della ipotetica barrica. Si riflettono i pensieri, le problematiche che il nostro vivere contemporaneo affronta e dovrà ancora affrontare nei prossimi decenni.
Qui sono rappresentati i sogni , le speranze di abitanti di una terra che comincia ad avere quelle qualità esistenziali occidentali ma che ancora non è all’altezza delle aspettative dei suoi giovani abitanti. Per questo ne partono a migliaia, per ritrovarsi spesso persi in una società frenetica quale è la nostra e che si sforza di non essere spietata.
Romario Rolook Lukau dipinge la sua gente, il benessere che anche lì è presente, dipinge i loro corpi che sembrano coperti di tatuaggi o formati dai molti pezzi come mosaici. Talvolta le facce sono nascoste per lo sconforto, altre volte mostrano con orgoglio il raggiunto traguardo, il raggiunto benessere economico, una posizione sociale migliore . Intento a fondere tradizioni con immagini contemporanee, Romario Rolook Lukau pone ampia attenzione agli avvenimenti contemporanei globali e scrive la frase “Black Lives Matter”, slogan di questa ultima rivolta e protesta made in U.S.A. che in questo caso sembra richiamare inconsciamente il logo dei famosi pantaloni americani “Levi’s” in una sorta di parodia, che include la voglia di occidentalizzazione e la repulsione per alcuni dei suoi aspetti.
Romario Rolook Lukau si esibisce nella performance “Clandestins” riuscendo a umanizzare ai nostri occhi quello spettacolo che molto spesso vediamo in tv o sulle nostre spiagge e di cui noi sembriamo estranei.
Con queste sue foto lui ci mostra l’altro lato di ciò che noi occidentali siamo abituati a vedere, quello dell’altro essere umano che abbandona la sua terra con dispiacere e pieno di incertezza, per andare verso un futuro che non sempre è roseo.
Descrive bene quella esplosione di vita che dal continente africano arriva sulle nostre spiagge, attirata dalle sirene mediatiche nei paesi più industrializzati e che spesso non è ben sfruttata o lo è troppo.
Se alcune nazioni già da molti decenni sono riuscite a stabilire rapporti di reciproca utilità col fenomeno migratorio, altre lo rifiutano oppure stanno ancora mediando una soluzione, in altri paesi poi si assiste a un fenomeno razzista di ritorno dopo una lunga coesistenza.
Lo sconforto, l’alienazione ma anche la speranza sono nelle opere di questo artista congolese che non teme di rappresentare l’altra faccia della medaglia del sogno occidentale.