Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech, 1º marchese di Dalí de Púbol o più semplicemente Salvador Dalí nacque e morì a Figueras dove anche prevalentemente visse dal 1904 al 1989.
E’ conosciuto come uno tra più importanti pittori surrealisti di tutti i tempi ma anche se fu precoce genio, seguì altre correnti che imperversavano nel mondo artistico prima di formare e approdare al suo stile.
Ovviamente si interessò a tutti i grandi artisti del suo tempo e della seconda metà del secolo precedente, da Matisse a Cezanne, dal Pountillisme al Post Impressionismo, risciacquò i suoi pennelli dalle tinte Cubiste per tuffarli in quelle Post Cubiste, mantenendo sempre costante il suo interesse per la buona pittura di stampo classico: la natura morta realistica, il ritratto.
Nonostante le turbolenti passioni artistiche di inizio novecento, lo troviamo giovanissimo, tra un quadro di stampo Fauve e uno di fattura cubista, intento nel definire i riflessi su una bottiglia, le scaglie dei pesci posati su un piatto.
La leziosità che metteva nei suoi dipinti non sperimentali, gli servirà poi quando, incanalatosi nel filone dell’Arte surrealista, riuscirà a rendere credibili e naturali le sue strutture molli, le sue distorte anatomie, i suoi giochi figurativi fantastici.
A differenza di altri pittori che sono partiti da una concezione classica dell’Arte per poi distaccarsene verso una proiezione di sé predisposta all’astrazione o alla sperimentazione, Dalì dopo una partenza volta alle nuove correnti, sembra radicalizzarsi sempre più verso la figurazione, certo con trovate nuove e interessanti, ma ciò non toglie che alla base della sua pittura surrealista ci sia una capace virtuosità pittorica.
La fama lo coglie in modo eclatante con l’opera “La Persistenza della Memoria” del 1931. Il piccolo quadro che misura 24x33cm, in origine si chiamava “Gli Orologi Molli” ma fu rinominato dal suo primo acquirente che poi lo rivendette, dopo che acquistò notevole fama, al Museum of Modern Art di New York.
Dalì lo dipinse in sole due ore, con questo voleva rappresentare la diversa percezione che abbiamo del tempo a seconda delle situazioni, sempre troppo breve se felici, sempre troppo lungo se di attesa.
Da qui, la carriera di Dalì decolla sull’onda surrealista e le logiche esistenziali vengono analizzate attraverso una psicanalisi pittorica intima fino a che non è più bastevole, così qualche decennio dopo arriva all’introduzione di scorci prospettici più coraggiosi e ad una maggiore descrittività. In verità l’artista pare giungere a metà degli anni ’60 avendo prosciugato la vena surrealista che prima lo caratterizzava soprattutto nei soggetti.
Troviamo allora accanto al Dalì mistico-religioso, quel personaggio che non trattiene la sua capacità sperimentale, non più nelle tematiche e nei soggetti ma nella tecnica, che si serve talvolta di lineari segni invece della definizione e usa le nuove alchimie pittoriche provenute da oltre oceano, mentre coll’andare del tempo, la colorazione si fa innaturale e tende spesso ai toni freddi quando si avvicina alla tarda età.