Sun Yan & Peng Yu – Can’t Help Myself , istallazione – Biennale di Venezia 2019

Sun Yan & Peng Yu – Can’t Help Myself , istallazione – Biennale di Venezia 2019

Sun Yan & Peng Yu – Can’t Help Myself , istallazione – Biennale di Venezia 2019

Nel padiglione cinese della 58° Biennale di Venezia, troviamo i robot inquietanti di Sun Yan & Peng Yu, due artisti che  ormai collaborano da molto tempo. Dalle sculture in simil pelle del 2015, a quelle surreali dalle teste a forma di macigno, fino alla ironica rappresentazione del gerocomio “Old People’s Home“ dove gerarchi e dittatori sono rappresentati ormai anziani e su sedie a rotelle,  i due artisti cinesi sono passati a presentare quest’anno l’istallazioneCan’t Help Myself”, macabra, sorprendente esempio di Arte Cinetica che potrebbe benissimo essere usata in un film dell’horror tra i più interessanti di Dario Argento.

Racchiuso da vetri, un braccio robotico munito di una paletta, cerca con movimenti frammentari di raggruppare presso la sua base un liquido simile al sangue, con schizzi e sgocciolii che imbrattano di rosso il pavimento e gli schermi messi a protezione.

Sun Yan & Peng Yu – Can’t Help Myself , istallazione – Biennale di Venezia 2019

Colpisce la freddezza dei movimenti della macchina che, ovviamente incurante di quale sia il liquido e da dove provenga, si preoccupa esclusivamente di “spazzarlo”, raggrupparlo presso di sé, in un gioco infinito , visto che il liquido torna periodicamente ad inondare il pavimento drasticamente bianco, asettico.  

Dall’aspetto più tranquillo non è l’altra presenza artistica ideata dal duo: “Dear”, una sedia in silicio a cui è ancorato un tubo flessibile, scosso da movimenti scomposti dettati dall’aria compressa. Il tubo è lasciato libero di sbattere violentemente contro le parti in plexiglass messe a protezione dei visitatori, l’effetto è dirompente, allarmante, imprevedibile.

Sun Yan & Peng Yu – Dear , istallazione – Biennale di Venezia 2019

Qualcosa di simile era già stata proposta dal nostro connazionale Arcangelo Sassolino, la sua pala meccanica in acciaio di dimensioni di quasi una decina di metri “Elisa”, nel 2012, era lasciata libera da ancoraggio e libera di muoversi in qualsiasi direzione, arrivava così a sembrare un gigantesco essere agonizzante nei suoi spasmi, nei suoi contorcimenti a terra.

La prima percezione che si ha di queste istallazioni è ovviamente il pericolo che può suscitare un movimento meccanico ripetitivo senza un controllo diretto, senza la possibilità di essere limitato, ma anche l’efficienza che l’assenza di complicazioni emotive può portare. La paletta meccanica continuerà a spazzare sangue fino a quando non la spegneranno, senza lamentele, senza imbarazzo, senza ribrezzo.  

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