Tiziano – Diana E Callisto – 1556/1559

Tiziano – Diana E Callisto – 1556/1559

Tiziano – Diana E Callisto – 1556/1559

Immenso capolavoro è questo dipinto del 1559 a cui Tiziano Vecellio (1488-1576) prestò la sua virtuosa opera per circa tre anni.

La tela di 187x205cm è conservata alla National Gallery di Scotland ad Edimburgo e insieme al dipinto gemello “Diana E Atteone”,  fa parte della serie in cui sono raffigurate scene mitologiche tratte dalle Metamorfosi di Ovidio.

Diana E Callisto” è un dipinto che ci mostra un Tiziano maturo, che si spinge  oltre la descrizione delle anatomie e dei personaggi, premiando soprattutto la visione complessiva. Alla levigatezza del modellato, tipico del primo Tiziano, si sostituiscono nel tempo pennellate più corpose e sicure, alle luci dirette vengono preferite le penombre, la cupezza oppressiva delle scene allo splendore.

La composizione si fa più ricca, elaborata, baroccheggiante e anche se permane la sottile sfumatura e modulazione delle ombreggiature, è ottenuta tramite pennellate più nervose che donano a tutta l’opera una animata vivacità e una parvenza di movimento assente nei quadri di gioventù. La ricerca tizianesca dell’annullamento del contorno delle figure inglobate dalle ombre, si fa sempre più decisa fino ad aumentare l’oscurità degli sfondi da cui emergono i soggetti in penombra senza punti di luce particolarmente potenti, dove i bianchi netti sono assenti e tutto è modulato da sottili velature che man mano si inspessiscono.

La scena di “Diana E Callisto” è infatti ricamata tra scorci di luce particolari e intraprendenti che la animano ma predominano potenti i bruni, dove risaltano le carni candide, anche se in realtà tutte velate di ombreggiature finissime.

Si nota principalmente una differenza sostanziale con le opere del primo Tiziano, soprattutto nella trascuratezza dei volti dei personaggi, in favore appunto di una visione appagante nella totalità dell’opera, perfino Diana, la protagonista vista frontalmente, anche se è al centro della narrazione, è nascosta in volto dall’ombra incongruente e irrealistica che pare provenire dai rami alle sue spalle. Non c’è un minimo di controluce che ne accenni i lineamenti, volutamente celati. Non molta più cura è riservata alle ninfe d’intorno che a testa bassa, assistono alla triste scena. La dea cacciatrice infatti è ritratta nell’attimo in cui scopre la sua ninfa Callisto rimasta incinta e la bolla come traditrice del voto di castità.

Per questo, particolare risalto è dato al ventre di Callisto che si lascia scoprire dalla luce, gonfio, simbolo del tradimento, mentre il volto rimane nascosto dalle ninfe e dall’ombra.

Tiziano – Diana E Callisto (particolare) – 1556/1559

In realtà la ninfa non aveva colpe, come altre prima e dopo di lei, fu preda delle amorose brame di Giove che con l’inganno la fece sua. Per usufruire delle sue amorevoli carezze, Giove prese le sembianze di Artemide, ma la dea cacciatrice anche spinta dall’odio di Giunone, non sentì ragioni e in una prima versione del mito, la scacciò e poi la trasformò in orsa, mentre nell’altra versione le tolse la vita, fu allora Giove a consegnarla al ricordo eterno trasformandola nella costellazione dell’Orsa Maggiore.

Il nascondere i volti può essere una scelta di Tiziano per risaltare la vergogna e la disgrazia che vi è rappresentata ma ciò non toglie che in questo modo, le perlacee rotondità divine riempiono la scena rendendola ricca di colpi di luce che guidano il nostro  sguardo attraverso una intrigata costruzione.

Notevole è la modulata descrizione della schiena in primo piano, finemente lavorata tra le velature castane dove si arriva a lievissimi riflessi di luce con una graduale, dolcissima scala di tonalità.

Tiziano – Diana E Callisto (particolare) – 1556/1559

Più complessa è la parte dell’opera riservata a Callisto che è afferrata e spogliata con violenza dalle altre ninfe per ordine della dea. Callisto viene afferrata per le braccia, tenuta a terra e poi denudata senza remore e la sua espressione nascosta dall’ombra e dalla vergogna, chiarisce ogni dubbio sulla scena.

Anche in questo caso Tiziano usa l’espediente del nascondere nell’ombra o del far risaltare alla luce i particolari più significativi per il racconto che rappresenta. L’unico volto totalmente in ombra tra quelli poco illuminati delle ninfe è quello di Callisto, che così spicca tra loro. La coprotagonista del quadro invece è ben illuminata in quella parte del corpo fondamentale per la scoperta del misfatto.

L’evoluzione di Tiziano risentì molto della nascente corrente barocca, non solo nella costruzione delle opere ma anche nella concezione dei personaggi, che perdevano la loro accezione divina, dotati di una luce propria e venivano invece descritti in modo più terreno, umano, quale fu poi l’ideale Caravaggesco.

Due copie dell’opera sono conservate nel Museo del Prado, di qualità più scadente, furono considerate di mano di Tiziano, in seguito attribuite a suoi allievi.

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