Tra i soggetti più dipinti da Vincent Van Gogh c’è il girasole, appassito, in un vaso, solitario, a mazzi. Il giallo era decisamente il colore preferito di Van Gogh, lo si avverte in ogni sua composizione in ogni suo ritratto, forse perché solare era il suo animo, anche se tormentato da un‘esistenza che gli negava il riconoscimento della sua Arte nel grande mercato, mentre per lui impazzivano i colleghi impressionisti e non solo, di tutta Europa.
“Maestro” era chiamato da molti pittori contemporanei ben più famosi di lui, colui che si dice, in vita non vendette un quadro. Forse è per questo che il suo animo gioioso, generoso si rabbuiò fino all’epilogo che si perde nella leggenda.
I girasoli di Van Gogh non sono fiori ma soli, ne hanno la stessa intensità, la stessa luminosità, riscaldano e contaminano nelle sue tele anche gli sfondi, il mobilio, le pareti trasformando tutto in un tripudio di colore.
Destabilizzanti nella cromia innaturalmente accesa, dipinti con pennellate sature di quel pigmento giallo cadmio di moderna invenzione al tempo, i girasoli sono di una matericità pastosa dove Vincent incideva anche alcune parti col manico del pennello. I girasoli del periodo di Arles sono un inno alla gioia e rispecchiavano l’animo dell’artista che li dipinse tutti tra il 1887 e il 1889 mentre fiducioso attendeva l’arrivo dell’amico Paul Gauguin (1848 – 1903). Si dice che lui stesso abbia ricopiato i suoi quadri per dipingere altri girasoli nel periodo dell’anno in cui non c’erano più.
Perché Van Gogh era affascinato dai girasoli? Forse per lo stesso motivo per cui dipingeva stupendi campi di grano, ovvero il colore amatissimo: il giallo.
Ma è solo questo? Il girasole si sa è un fiore simbolico particolare: la sua caratteristica più evidente è quella che gli ha dato anche il nome, la capacità di voltare la sua enorme chioma verso la fonte di luce più forte. Interi campi di girasoli cambiano direzione quando il sole nell’arco della giornata scorre nel cielo e, come un pubblico rallentato ad una partita di tennis che segue la pallina, loro seguono la fonte di calore e vita.
Il girasole è anche simbolico del popolo, quel popolo che segue spesso chi irraggia calore e urla più forte senza curarsi della direzione che prende, la folla si sa, segue la luce che politici e personaggi famosi hanno e talvolta acriticamente, si fa trasportare nel baratro, perché chi risplende di più non è detto che abbia in mano la verità e la soluzione ai problemi, semplicemente spesso sembra che ce l’abbia.
A questo punto è d’obbligo citare il dipinto di Anselm Kiefer “Girasoli” per sottolineare a quale possibile equivoco il simbolico girasole si può esporre. In questa opera, Kiefer rappresenta un ipotetico personaggio hitleriano che saluta gli alti girasoli in un campo. I fiori pieni di semi non si curano del fatto che li guiderà verso la catastrofe, semplicemente la luce dell’uomo in divisa è più forte di quella naturale e loro si rivolgono a lui come a un nuovo sole.
Artista tedesco contemporaneo, Kiefer ha fatto da subito i conti col passato della Germania nazista, criticamente, spietatamente in questo quadro come in molti altri se ne sente tutta la drammaticità esistenziale del resoconto finale.
Van Gogh ha mai dipinto campi di girasoli? Può sembrare strano ma non ne dipinse mai. La leggenda narra che in verità ne dipinse uno, poi lo distrusse. Sembra impossibile che non ce ne siano a decine di quadri con campi di girasoli nella sua produzione, invece tra gli 879 che ha dipinto e i 70 che si trovano in collezioni private, ci sono sterminati campi di grano, ma mai campi di girasoli, di quel fiore che lo ha reso famoso.
Amava quei fiori, dipingeva spesso campi, ma per una ragione a noi sconosciuta, i suoi girasoli sono nelle sue tele soli, isolati in piccole quantità, in vasi risplendenti ma mai in uno sterminato campo. Come se volutamente rifiutasse quel soggetto per lui congeniale e in cui si trovava immerso, Van Gogh lo snobbava, riservando per i suoi studi-capolavoro nella tranquillità della sua camera solo alcuni esemplari.