Briton Riviere (1840-1920) fu pittore talentuoso inglese, figlio di Briton William Rivière (1806-1876), insegnante di Arte presso l’Università di Oxford. Nato a Londra, apprese dal padre noto acquarellista, il mestiere della pittura, poi si concentrò sullo studio dell’anatomia e della resa pittorica degli animali in una fortunata serie di quadri “Sleeping Deerhound” iniziata nel 1885, è per questo ricordato tra gli “animalisti“. Pittore neoclassico, prima di allora aveva anche lavorato come illustratore per riviste e si era concesso a opere con soggetti ripresi dalla drammaturgia classica. Nel 1867 sposò la pittrice Mary Alice Rivière (1844-1931) da cui ebbe sette figli.
Resta conosciuto per le splendide opere in cui sfodera una pittoricità riservata agli animali veramente notevole. Non c’è imperfezione nella resa dei manti dei tanti felini nel quadro “Aphrodite”, o nell’altra opera “Apollo Che Suona La Lira” del 1874. Assieme ai soggetti perfetti anche nell’anatomia, Riviere aggiunge una personale visione mistica che si rivela nelle luci e che forma una piacevole atmosfera di penombra.
“Daniele Nella Fossa Dei Leoni” è una tra le sue opere più entusiasmanti. Fu dipinta nel 1872 e fa parte del dittico comprensivo dell’altra opera ispirata alla storia di Daniele e il re Dario “Risposta Di Daniele Al Re” dipinta più tardi nel 1890. Entrambi i dipinti narrano della vicenda che vide il re Dario condannare Daniele ad essere calato nella fossa dei leoni perché si era rifiutato di adorare lui stesso come imperatore e Dio. Pentitosi, il giorno dopo tornò alla fossa e sbalordito vide che i leoni non lo avevano toccato.
Il primo quadro vede Daniele con le mani legate, impegnato nell’ammansire i leoni con il solo ausilio della sua tranquillità. Spicca nell’insieme il contrasto tra la figura monolitica e la bramosia dei leoni che però non si avventurano ad attaccarlo. E’ evidente la qualità con cui sono dipinte le fiere anche in difficili pose innaturali e studiate appositamente per la scena. Nel secondo dipinto Daniele è rappresentato mentre serenamente risponde al re Dario che lo interroga incredulo su come fosse riuscito a non essere sbranato.
Lo stratagemma che lo vede ritratto mentre non curante dà le spalle alle belve, caratterizza tutta l’opera e mostra anche in questo caso la predisposizione pittorica di Riviere per i felini. In quest’opera Riviere forse non raggiunge il livello virtuoso della precedente dipinta un ventennio prima, sia nel realismo dei dettagli che nella cura delle ombre, ma tocca più alte vette mistiche, riuscendo a rendere tutta la scena surreale, ancora di più dell’altra. L’entrata della luce attraverso la quale il re Dario formula la sua domanda diventa in questo caso simbolo di illuminazione divina e apertura interiore verso altri schemi mentali impensabili, logicamente improponibili in cui veniamo catapultati. Il re non è rappresentato, l’opera prende così, anche per chi non conosce la storia l’aspetto di una scena fantastica e incredibile, in cui la famosa frase di risposta “Il mio Dio gli ha chiuso la bocca” non sembra aver bisogno di essere pronunciata, tanto è evidente.