Cosa è possibile dire su Jean Léon Gérôme (1824/1904), pittore e scultore francese? E’ forse meglio semplicemente assaporare lo stupore e assecondarlo affinchè ci pervada, e assieme al senso di perfezione assoluta, crei in noi quella condizione di pace interiore dovuta alla contemplazione della grandezza della sua Arte.
Jean Léon Gérôme fa parte di quella schiera di pittori non conosciuti quanto meriterebbero, i così detti Neoclassici, che portarono la pittura figurativa ai massimi livelli espressivi. Degno continuatore con Bouguereau della scuola stilistica di Jacques-Louis David, si oppose ad una nascente nuova figurazione guidata da Monet, Manet, che poi sfociò negli Impressionisti.
Pietrificato nei secoli, il suo stile resta fedele a quella concezione di esaltazione della bellezza tipica della pittura classica, privilegiando soggetti orientali, storici, mitologici. Fu per questo aspramente criticato dai contemporanei che ricercavano l’innovazione, l’invenzione, la modernità a tutti i costi, quasi fosse ossigeno mancante nei cieli tersi dei quadri di Jean Léon Gérôme o nelle sue alcove, sbagliando; non certo perché innovare è un errore, ma perché l’avanzare del perfezionamento della materia pittorica, poteva portare a risultati ancora molto interessanti anche in una pittura classica.
Dal suo viaggio in Egitto, tappa obbligatoria per un pittore attratto da determinati soggetti, Jean Léon Gérôme riportò numerosi ricordi su tele di una maestria eccezionale.
Se i soggetti ricordano Ingres, la sua pittura se ne distacca, sia nella composizione, sia nell’esecuzione, più luminosa, meticolosamente intensa nei volti e nei corpi nudi quando presenti, vero faro delle opere.
L’influenza di Ingres si riscontra anche nella privilegiata scelta della rappresentazione della schiena femminile. Ma in Gérôme se ne avverte maggiormente la carnalità, intrisa di una accentuata voluttuosa sensualità.
Le donne di Jean Léon Gérôme si mostrano senza pudori, consce degli sguardi maschili che ne spogliano anche l’anima senza esserne troppo disturbate, nei mercati di schiave, negli harem, nei bagni, dove solo un accenno del gesto a ricoprire il volto lascia invece tutto il loro corpo scoperto a mostrare in realtà la fierezza del loro sentirsi femmine.
Troppo sensuali, troppo realistiche, troppo esplicite, furono additate come protagoniste di un’Arte che non dava spazio alle mode innovative del tempo, alle interpretazioni della femminilità proiettate verso una interiorizzazione, scomposizione, stilizzazione del nudo e fu questa una delle scuse per aizzare su di lui l’odio nascosto dei bigotti, da sempre nemici dell’Arte.
Il talento indiscusso ne fece però un baluardo inattaccabile della pittura neoclassica e la sua fama lo portò ad essere insegnante invidiato nel 1864 all’ École Nationale Supérieure des Beaux Arts, ad essere eletto membro dell’ Istituto di Francia nel 1886 e, quando morì nel 1904, fu sepolto nel Cimitero di Montmartre a Parigi.