Prima di Emilio Vedova la sua pittura non esisteva, un’affermazione che sembra banale ma non lo è, questo è essenziale per capire l’importanza di un artista ormai storicizzato nei manuali dell’Arte Moderna.
Emilio Vedova, pittore veneto (1919 – 2006), è tra i fondatori della “Nuova Secessione Italiana” poi del “Fronte Nuovo delle Arti”, fa parte del “Gruppo Degli Otto”, infine abbandona il Neocubismo per dedicarsi completamente all’Informale. Tra i suoi cicli di opere troviamo i “Plurimi”, le “Lacerazioni”, i “Teleri”, i “Tondi”, e la serie degli “…In Continuum..”.
Le sue opere raccontano la storia della nascita di un nuovo linguaggio estetico, che a noi, più di 60 anni dopo, sembra obsoleto, ma che al tempo in cui Vedova lo illustrava nei suoi lavori non lo era, anzi era innovativo, una pittura mai vista, un nuovo modo di interpretare la non figurazione sanguigno, emotivo, istintivo, umano. Fu definito il fratello italiano di Pollock per l’importanza che la sua storia artistica ha rappresentato negli anni ’50. Parallelamente all’americano, Vedova si è caricato il peso del percorso di ricerca dell’Arte contemporanea sulle spalle per un periodo lungo quanto la sua esistenza, arricchendo il panorama mondiale dell’Arte di nuove immagini e un nuovo modo di comunicare l’espressività interiore.
Ricopiato, riadattato, reinterpretato nella struttura delle pennellate e nei supporti usati, l’entrata in scena di Vedova dopo il suo abbandono di una prima visione Postcubista e la piena adesione all’Informale, ha dato spunto di ricerca con le sue opere a moltissimi artisti di altra generazione che ne hanno fatto tesoro.
Perché sono importanti gli artisti come Emilio Vedova? Perché servono a far capire che tutto è ancora possibile, che c’è sempre un qualcosa di nuovo da dipingere, da sperimentare perché l’uomo non è uomo se non progredisce, se non va oltre le conoscenze acquisite.
L’Arte dà ispirazione alla società che gli si muove intorno e da questa prende ispirazione, l’innovazione artistica suggerisce, ci ricorda che c’è sempre un altro modo di pensare, di fare, non solo nell’Arte ma in tutto quello che ci sta intorno. In un contesto sociale quale era la seconda metà del ‘900, l’Arte dava un grande impulso al progresso con la sua voglia di trasgredire a ciò che c’era già e di scoprire nuove vie di comunicazione, questo si rifletteva all’esterno attraverso la visione delle opere cariche di energia dando vita ad una civiltà che si evolveva nell’industria, nell’architettura, nell’arredamento, nella cultura, nella ricerca di materiali nuovi, nell’impiegarli in maniera diversa. In uno scambio rigenerante di forza costruttrice, la carica emotiva ed innovativa degli artisti si sommava a quella della società scatenando quel processo di ascesa economico-sociale caratteristica di quel periodo storico.
Discutere sul valore estetico dell’opera di Vedova è a questo punto secondario, inutile soffermarsi sui suoi cicli di opere, dai “Plurimi”, alle “Lacerazioni“, ai “Tondi” fino alla serie di “…In Continuum..”, Vedova è fedele a se stesso, si rinnova senza alterarsi ed ogni sua opera, arricchita di esperienza o più raffinata nei materiali, si presenta comunque nuova fino ad uscire dalla bidimensionalità della tela attraverso l’adozione di nuovi supporti volumetrici dalle geometrie atipiche.
Le pennellate nervose, i colori tra il grigio e il nero adottati, alternano segni apparentemente ordinati ad altri più convulsi raggiungendo una purezza di linguaggio in cui è la sola forza emotiva del segno, abbandonato ogni riferimento formale e cromatico, a farsi relatrice del messaggio di Vedova.
Potente, dà vita ad una rappresentazione turbolenta, ad un fermento ben rappresentativo di quella forza interiore che è tipica dei personaggi che aprono un passaggio verso nuovi orizzonti affinchè gli altri lo possano poi seguire.