Il tempio di Kandariya Mahadeva

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva

Il tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva

Il continente asiatico ci ha regalato un crogiolo unico di religioni e antiche scienze spirituali dove, per noi occidentali è difficile districarsi, sia perché solitamente non conosciamo la storia di quei popoli, se non quella recente, sia perché le religioni presenti sono veramente molte e si intrecciano tra loro, originandone di nuove o continuando il filone della spiritualità di Krishna che risale al 5.000 a.C. Inoltre quelle giunte in occidente non sono sempre ortodosse anzi, spesso sono contaminate e adattate alle esigenze delle nuove generazioni dei popoli europei o nord americani. Questo è anche il motivo per cui fanno presa e sono seguite da persone che talvolta non ne conoscono i veri insegnamenti ma ne prendono quello che gli fa comodo.

Le quantità di spiritualità vediche raccolte molto spesso erroneamente sotto il nome di “Indu”, hanno invece dettami e caratteristiche ben precise, codificate e nelle loro particolarità hanno ispirato agli uomini la costruzione di monumenti e templi talvolta per noi occidentali bizzarri o incomprensibili.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

 Il più interessante e particolare tempio indiano è forse quello di Kaṇḍāriyā Mahādeva a Khajuraho, nella regione del Madhya Pradesh.

In quella che al tempo era una pianura semideserta di circa 21 km quadrati con pochi alberi, furono costruiti ben 80 templi abitati da una grande comunità di monaci, di questi solo 22 templi sono arrivati a noi preservati dalle incurie del tempo, un numero comunque molto alto se si pensa che la maggior parte delle costruzioni religiose al nord sono state saccheggiate e distrutte dalle invasioni susseguitesi di altri popoli, con religioni diverse che non ammettevano la rappresentazione del corpo umano, di cui i templi indiani traboccano.

Questi templi furono costruiti in età medievale quando Khajuraho era la capitale del regno dei re Rajputs Chandela e furono riscoperti solo alla fine del XIX° secolo perché nascosti e protetti da folta vegetazione.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

 Il Tempio Kaṇḍāriyā Mahādeva è uno degli esempi di architettura indiana meglio conservata e patrimonio dell’Unesco. Con i suoi 116 metri è il più alto del gruppo, ha inoltre 84 tra guglie e pinnacoli e la sua forma è stata fatta, così come quella degli altri, per assomigliare alla catena montuosa dell’Himalaya.

Tutte le pareti esterne sono decorate con un totale di ben 646 sculture attigue posizionate su più piani, che danno l’idea di un maestoso caos ordinato, su cui si sviluppano delle torri a forma di monte chiamate “sikhara” dove si susseguono statue e guglie fino all’alto anello decorativo detto “amalaka”.

Veniamo adesso alla particolarità di questo tempio, ed al perché perfino per alcuni studiosi della materia risulta incomprensibile la sua fattura, infatti tra la immane quantità di sculture che decorano le pareti esterne ce ne sono circa il 10% con pose di carattere fortemente allusive al sesso quando non del tutto esplicite o addirittura estreme.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

Osservandole, vediamo perdersi tra le rotondità dei seni e dei fianchi floridi incurvati in pose lascive, bramosi uomini che li concupiscono a piene mani, e gli scultori non si sono risparmiati di rappresentare il consumare dell’atto sessuale in più modi e posizioni, perfino con più personaggi partecipanti, attivi o osservatori. Una serie di sorrisi maliziosi adornano i volti delle donne scolpite e si rispecchiano in quelli degli uomini che le osservano, è una fiera del sesso, sbandierato in faccia a chi si presenta sulla ampia scalinata che conduce all’entrata del tempio. Non c’è modo di errare il significato di tanta voluttà rappresentata, il messaggio di un gioioso sesso consumato in abbondanza è evidente.

La caratteristica anatomia della scultura indiana mostra forme morbide, tutto è rotondo e florido, i muscoli sono solo accennati, gli arti affusolati, i corpi ricoperti di ornamenti e collane ricamati sulla pelle piuttosto che di vestiti, le teste contornate da tiare o corone, gli addominali assenti anzi si mostrano leggeri rigonfiamenti dei ventri. C’è una idealizzazione delle forme ma lontana da quelli che furono i canoni greci. Se in occidente fin dall’età arcaica si ricercava l’esattezza della muscolatura, l’esaltazione della potenza delle membra che esaltava lo spirito guerriero, nella scultura orientale perfino la leggera abbondanza della massa grassa mette in risalto la pacata filosofia del vivere, la placidità di un’esistenza che ricerca l’armonia con la natura piuttosto che la sua conquista.

Ma perché questa monumentale rappresentazione di tutte le possibili forme di accoppiamento umano e non? Per quale motivo poi nessuna di queste pose è riprodotta all’interno del tempio?

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

La spiegazione può essere trovata attraverso la conoscenza dei culti di derivazione vedica che si svilupparono nel periodo in cui fu costruito il tempio. 

Il Tempio Kaṇḍāriyā Mahādeva fu eretto dal re Dhangadeva all’incirca intorno al 1030-50, probabilmente è stato ispirato dalla tradizione “tantrica” dello “Scivaismo Kashmiro” praticata intorno all’anno 1.000. Ne è testimonianza anche un “linga” in marmo posto all’interno, il simbolo fallico attraverso cui viene venerato in questa suo particolare culto il dio Shiva.

Il tempio Kaṇḍāriyā Mahādeva è infatti dedicato al dio Shiva, di cui “Mahādeva” è un altro nome. “Kaṇḍāriyā Mahādeva” significa appunto “grotta di Shiva” perché l’intero complesso visto dal lato dell’entrata sembra assomigliare ad una grande grotta.

Le particolari sculture decorative esterne che destano un conturbante stupore perché in contrasto con la spiritualità ascetica, sono comunque dedicate al dio Shiva, uno dei protagonisti degli antichi scritti vedici. Ma a partire dai primi secoli d.C. si svilupparono varie sette a lui dedicate, il suo culto si distaccò dall’antica radice e sotto il nome di Pasupati e Rudra, divenne uno dei più seguiti dalle culture asiatiche. Il tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva riassume bene, con la sua complessità architettonica, le poliedriche sfaccettature di questo culto che circa mille anni fa conobbe grande espansione.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

La costruzione di un tempio di questo tipo ci mostra una nuova concezione del culto di Shiva in netto contrasto con i dettami della scienza spirituale di Krishna e di gran parte delle scienze vediche da lui derivate, secondo cui il sesso è praticabile solo all’interno del matrimonio e una vita di distacco dai desideri materiali aumenta la possibilità di completare prima il ciclo delle reincarnazioni che finisce con l’ascesa alla paradisiaca dimora celeste.

Lo “Scivaismo Kashmiro” invece si divide in quattro scuole di cui in particolare, gli insegnamenti del “Krama” sembrano aver ispirato le sculture del tempio Kaṇḍāriyā Mahādeva poiché la vita sociale, l’amore, la sessualità e la ricerca artistica venivano considerarti mezzi evolutivi per lo spirito al fine del passaggio dai vari livelli energetici e il raggiungimento dell’illuminazione, anche con riti sessuali.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva

Questa scuola che si è sviluppata come evoluzione della tradizione tantrica “Kaula”, ne mantiene l’indirizzo secondo cui le azioni o gli oggetti non sono di per sé impuri ma lo possono diventare solo se l’atteggiamento nei loro confronti lo è, mentre il corpo assume una importanza rilevante fino ad essere protagonista in riti sessuali intesi come esercizi spirituali ed è considerato in maniera completamente opposta rispetto alle pratiche ascetiche che invece lo vedono come impedimento.

 L’ispirazione tantrica potrebbe quindi essere il motivo della presenza delle sensuali statue ornamentali, ma allora perché all’interno del tempio, tra le 226 sculture che l’adornano non ce ne sono di quel tipo?

La risposta data da alcuni teologi è che il tutto è fatto per creare una divisione tra ciò che è sacro e puro, appunto l’interno del tempio e ciò che non lo è e che deve rimanere all’esterno. Non tutti accettano questa spiegazione come soddisfacente perché all’esterno, accanto alle scene di sesso, troviamo anche scene di vita quotidiana, simili a quelle interne, dove tra l’altro c’è un “linga” inconfutabile simbolo di Shiva legato alla sessualità.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

Narra un racconto che Shiva recatosi in meditazione nel bosco, venne assalito dai malefici di asceti invidiosi della sua bellezza che gli fecero cadere la virilità, questo scatenò immani sciagure che indussero i suoi nemici a chiedere il suo perdono e Shiva lo concesse, a patto che lo adorassero nella forma fallica del “linga”.

 Tra gli altri simbolismi del tempio c’è la sua stessa struttura. Si narra che la compagna di Shiva sia la dea cangiante conosciuta con molti nomi tra cui Parvati, ovvero “appartenente al monte” perché figlia del re dei monti, così i due consorti dimorano sull’Himalaya, e i templi a loro dedicati ne hanno la forma.

 Il dio Schiva è quindi una entità particolarmente complessa di cui si descrivono nei vari culti in contrasto tra loro, capacità e nomi diversi, in antitesi. La sua caratteristica principale è il potere distruttivo, in quanto è lui a distruggere la materia affinchè si rigeneri in altra nuova vita. Ma non finisce qui. Fa parte della triade della Sacra Trimurti, una triade divina assieme a Brahma il creatore e Vishnu il conservatore, dei tre lui è senz’altro la divinità più in contatto con la condizione terrena.

Nonostante il suo compito principale Shiva è protagonista di molti racconti in cui svolge funzione positiva, addirittura come salvatore del mondo. E’simbolo di fertilità e di non fertilità, come del resto ha molte altre ambiguità, è rappresentato spesso androgino, unione di maschile e femminile ma ha come già detto una consorte, è la tempesta che può essere distruttiva ma anche salvifica. E’ il fautore della danza divina che tutto distrugge ma anche della “Lasya natana”, danza di amore e pace con la quale regola le forze dell’universo.

Tempio di Kaṇḍāriyā Mahādeva, sculture esterne

Tra i suoi tanti nomi possiamo trovare: il protettore, il signore metà donna, il terribile, il mendicante, il signore degli elementi, il signore del desiderio, il signore delle montagne, il signore della danza, il vagabondo della notte, il dispensatore di felicità, il signore del sonno, il beneaugurante, ecc….

Possiamo riassumere le potenzialità del dio Shiva come un caos di energia che si riversa sul creato, talvolta nel bene, altre volte nel male, terribile asceta e signore dello Yoga inteso come scienza della meditazione atta alla salvezza spirituale ma anche protagonista del “tantrismo” fino all’accezione che prevede la sessualità come mezzo di purificazione. Una contrapposizione continua di culti e stili di vita di cui la tradizione tantrica ne esalta la sfera legata alla sessualità mentre l’antica scienza Hare Krishna, al contrario ne decanta le qualità ascetiche.

Se sei un collezionista di NFT guarda la McArte Collection,

NFT ispirati agli artisti di cui scriviamo

Opensea.io/mcarte

ATTENZIONE!!!!!! CERCA I 4 NFT GRATIS NELLA McArte Collection!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.