Cinque cavalli imbalsamati con le teste incastonate nella parete bianca, questa è l’opera “KAPUTT” di Maurizio Cattelan, forse il più conosciuto degli artisti contemporanei italiani all’estero.
Allestita presso la Fondazione Beyeler a Riehen in Svizzera nel 2013, è un’evoluzione di “NOVECENTO“, già esposta al castello di Rivoli nel 1997 dove un cavallo imbalsamato era sospeso al soffitto e dell’altra “UNTITLED” del 2007 dove il cavallo era sempre uno ma si presentava nella stessa posizione dei cinque di “KAPUTT“.
Il titolo è prestato dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte. Irrigiditi, con la testa imprigionata nella parete, sospesi nel tempo e nello spazio senza possibilità di vedere o comunicare, forse ancora vivi (le membra rivelano ancora tutto il loro vigore) forse no, mortalmente congelati. Forse imprigionati nell’atto di saltare e sfondare la parete che invece ne ha inghiottito la testa.
Attento al tempo in cui vive, Cattelan in tutte le sue opere non va per il sottile, il suo messaggio è preciso e diretto per chi lo sa cogliere, precorre i tempi o li racconta, senza falsi moralismi offre visioni futuristiche come in “AVE MARIA” dove tre bracci spuntano dalla parete nell’atto del saluto romano o “HIM” dove un Hitler, terribile in volto, inginocchiato prega.
Tutta la potenza di cui si dispone è inutile contro chi ha imprigionato le nostre menti, è forse questo il messaggio che arriva allo spettatore, una forte critica alla società che ci imprigiona in contorti problemi fittizi che non possiamo risolvere e che ci impediscono di vedere invece cosa ci sta veramente intorno.
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Impressionanti!