David Simpson, artista americano nato nel 1928, dopo un percorso di studio orientato verso l’astrazione, arriva a metà degli anni ’80, ad una scelta puramente monocroma. Se inizialmente le sue opere erano generate da fondamenti paesaggistici rivisitati e scomposti fino a raggiungere la non figurazione, con l’uso dei colori acrilici, Simpson personalizza definitivamente il suo stile, riuscendo anche attraverso una selezione di materiali particolari, a raggiungere effetti molto interessanti e innovativi.
La sua complessa tecnica che unisce l’acrilico con titanio, biossido e altre materie, gli permette di ottenere superfici riflettenti ma cromaticamente stabili, in cui la luce gioca un ruolo fondamentale tra il colore steso, il riflesso e la levigatezza speculare. Un effetto cangiante corposo e luminoso che si amplifica o si depotenzia a seconda dell’incidenza della luce e che fa delle sue opere creature vive in continuo mutamento. L’impatto emotivo è entusiasmante e permette a Simpson di trascurare qualsiasi altra possibilità di movimentarle con caratterizzazioni segniche per arricchirne l’estetica perché già così, con la sola monocromia esaltata dai suoi studiati effetti riflettenti ne fanno opere funzionali e complete.