Claudio Parmiggiani, artista di fama mondiale classe 1943 di Luzzana, Modena.
Tra i più interessanti della seconda parte del ‘900.
Giovanissimo frequenta Morandi, il suo modello artistico è però improntato verso altre prospettive. Da sempre ai limiti tra l’Arte Povera e l’Arte Concettuale, si impone come artista performer, donando alle sue istallazioni una gestualità e una vitalità atte a gustare il divenire, la trasformazione causata dai vari mezzi che lui decide di adottare.
E’ del 1970 il primo “Labirinto Di Vetri Rotti (senza titolo)”, opera che ripeterà in molte gallerie e ambienti diversi.
Simbolica, la performance lo vede impegnato come un guerriero con tanto di armatura e mazza che arrivato al centro di un labirinto di lastre di vetro, inizia a frantumarle, in modo da aprirsi una strada per la fuga dalla prigione trasparente che lo circonda e da cui solo la forza dell’essere uomo è capace di trascinarlo fuori.
Troppo scontata l’apparente assonanza con i primi “igloo” di vetro che Mario Merz assemblava pochi anni dopo (“Triplo Igloo” del 1984) e che invece lui considerava un sicuro riparo. Per Parmiggiani le sue costruzioni trasparenti sono una trappola da cui ci si può liberarsi solo con un’azione violenta.
Dai “Labirinti Di Vetro” alle “Delocazioni”, Parmiggiani mantiene inalterata la sua tematica di base anche se cambia nei materiali e nella dinamica dell’evoluzione delle opere. Nelle “Delocazioni“, i frutti delle mutazioni ambientali sono le tele appoggiate alle pareti davanti a cui mette libri, poi dati alle fiamme. Il concetto di base è sempre cruento, il risultato è comunque una distruzione e la traccia che l’intervento del mezzo utilizzato lascia: in questo caso le grandi tele annerite dal fumo e i disegni-calco dei libri che c’erano prima.
Tra le opere più rappresentative di Parmiggiani, “Il Faro D’Islanda” realizzato nel 2000 a Reykjavik, lungo la via che porta verso i ghiacciai e le parti più selvagge del territorio.
Il tema di fondo è concettualmente il suo solito: una forza, in questo caso una luce che si oppone ad un ambiente privo di emozionalità. Il faro in quanto costruzione dell’uomo è comunque sua proiezione emotiva, un avamposto di frontiera in lotta contro lo spazio inabitato, vuoto-gabbia-trasparente, non c’è infatti gabbia più stretta per un artista che un ambiente emotivamente vuoto.
Alla 56° Biennale di Venezia Parmiggiani ripreseta l’istallazione del 2007 riproposta anche nel 2009, “Senza Titolo”: una grande ancora arrugginita appesa al muro che sembra essere fuoriuscita dalla lastra di vetro frantumata che la ricopre.
Parmiggiani vuole comunicarci forse, la fine della sua ricerca, libero dai suoi labirinti-gabbia, in sua vece pone una grande ancora in ferro rossiccio per la ruggine, che lo rappresenta, una massa pesante e vissuta che ha solcato i mari e sembra aver spaccato il vetro-gabbia ed essere finalmente, definitivamente fuori.
Parmiggiani ci dà la rappresentazione del lieto finale di un percorso emotivo simbolico iniziato molti anni fa, quando nel pieno di grandi rivoluzioni culturali e sociali, si cercava di scardinare l’ordine costituito, troppo stretto per menti aperte.
Rappresentazione forse troppo ottimista? Visto la situazione politico-sociale attuale forse sì, c’è ancora molto da fare per raggiungere una libertà mentale ma anche concreta e reale, la sua “ancora” presentata alla Biennale di Venezia di quest’anno infatti ha sfondato il vetro ma è sempre ben salda, attaccata al muro, non pienamente fuoriuscita come nelle istallazioni del 2007 e 2009.
Possiamo scorgere in questo dettaglio un ripensamento.
Artista sensibile alle onde emanate dalle sorgenti emotive e razionali sociali, Parmiggiani capta un regresso rispetto agli anni in cui ha presentato le due istallazioni simili e non può che renderlo palese.
All’interno del padiglione “Codice Italia”, discutibile nel titolo ma rivelatore degli attuali mutamenti di schemi mentali, a mio parere non condivisibili anzi deleteri, Parmiggiani continua il suo lavoro di creazione di spazi di forza e rappresentazioni di dinamiche emotive globali.
Artista con lunghi periodi di assenza dalle scene, non manca di lasciare un segno importante ogni qual volta si manifesta.
Vai al video della performance —-> Claudio Parmiggiani – Labirinto Di Vetri Rotti 1970 (Senza Titolo) presentata a fresnoy nel 2001