Studi sulla nuova attribuzione della “Leda Col Cigno”, opera perduta di Leonardo Da Vinci

Leda Col Cigno – 1505/1510 – Prima attribuito a Cesare Da Sesto, Wilton House Salisbury

Studi sulla nuova attribuzione della “Leda Col Cigno”, opera perduta di Leonardo Da Vinci

Che l’Arte Rinascimentale sia ancora la centro di ricerche e discussioni di interesse globale dopo 500 anni non deve sorprendere, quel periodo è stato infatti probabilmente il picco di maggiore espressività culturale che si sia riversata nella figurazione, da lì è iniziato un nuovo periodo artistico, una nuova concezione e anche il culto dell’artista, che prima era quasi anonimo. Tra tutti quelli famosissimi il più ricercato, fantasioso e eclettico fu certo Leonardo Da Vinci, perché appunto alla maniera rinascimentale, fu il più audace e assiduo nel far confluire nei suoi quadri la nuova visione dell’esistenza che comprendeva tutto lo scibile umano allora conosciuto più le sue ultime teorie e scoperte.

Le sue opere sono a tutt’oggi studiate come simulacri di enigmi esistenziali, vi si cerca oltre che la bellezza e la perfezione anche le risposte alle domande filosofiche, metafisiche più profonde, perché lui stesso le cercava e le divulgava e forse qualche interrogativo lo aveva svelato.

Non sorprende quindi che ci sia una nuova scoperta riguardo una delle più mitiche opere di Leonardo Da Vinci, quella “Leda Col Cigno” di cui si è sempre detto che fosse andata perduta o distrutta e che sia sopravvissuta solo grazie a copie dei suoi allievi.

La notizia innovativa ci giunge da Annalisa Di Maria, che assieme a Jean-Charles Pomerol e Nathalie Popis si è fatta promotrice di una nuova teoria riguardo a tale opera, e basandosi soprattutto su documenti storicamente verificati, ha teorizzato che la Leda leonardiana non sia affatto andata perduta ma sia stata in realtà sempre conservata  presso la Wilton House, vicino Salisbury.

Stiamo parlando di una delle due copie della “Leda Col Cigno“ attribuite a Cesare Da Sesto, non dell’opera conservata nella Galleria Borghese ma dell’altra, appunto quella conservata a Salisbury.

La diversità delle due tavole è evidente, quella conservata alla Galleria Borghese può essere compresa nello stile del Da Sesto, sia nelle forme, più femminili dal bacino largo, sia nella capigliatura dei putti, sia nella ricercatezza e lucentezza della vegetazione, che nella staticità del paesaggio tanto che sembra alquanto improbabile che lo stesso pittore ne abbia fatta versioni così diverse soprattutto nel disegno del corpo.

Leda Col Cigno – Francesco Melzi – 1505/1507

La versione conservata a Salisbury ha particolari in verità contrastanti: il bacino è sicuramente più simile alla versione del Melzi, con i fianchi più stretti probabilmente perché Leonardo, come era uso fare, poteva aver fatto posare come modello non una ragazza ma il suo allievo Salai. Ma ci sono anche altri particolari discordanti: qui le gambe hanno la giusta proporzione, prospettiva e ottima profondità nella penombra, i putti hanno la capigliatura più simile a quella di altri quadri di Leonardo, di cui si notano anche varietà di vegetazione già adottate. Si ha la sensazione di un’altra mano, soprattutto nella chioma molto più curata e precisa e in quel sorriso che forse ben imitato, è sempre presente nei volti di Leonardo ma di cui non c’è traccia nell’altra versione del Da Sesto.

 Particolari non leonardeschi sono invece una certa durezza nelle linee di contorno, quel contrasto del cielo terso con l’incarnato, quella luminosità che si diffonde dal cielo verso il soggetto sottraendogli protagonismo.

Tutte queste contraddizioni possono in verità essere spiegate tramite la documentazione che anche il team di ricercatori ha ben tenuto presente, si ha infatti notizia del 1625 che l’opera originale si trovasse a Fontainebleau dove a causa della sua ubicazione in posto umido, aveva forti problemi alle vernici e alle assi di supporto. Fu quindi probabilmente restaurata e, riportano le cronache, sostituita in loco da copia di altro artista come lo furono altre opere. Forse per questo lo stile di Leonardo non ci si manifesta in tutto il suo splendore, ma fa capolino tra le altre pennellate aggiunte.

Leda E Il Cigno – 1505/1510 – Attribuito a Cesare Da Sesto, Galleria Borghese

A supporto della loro tesi, i ricercatori ricostruiscono tali documenti e ne denunciano la errata interpretazione, in quanto da una trascrizione di inventario, si evince che l’opera data per certa di Leonardo, sarebbe invece stata classificata come copia in seguito, e attribuita al Da Sesto in era moderna.

Altra caratteristica che potrebbe far pensare alla mano di Leonardo è la progettazione, che tiene presente le proporzioni leonardesche con il centro del dipinto inquadrato nel pube della figura, tutti particolari che nelle copie degli allievi non sono presenti o non in maniera evidente.

In conclusione si può dire che senz’altro questa è una interessante ricostruzione, che può essere suggerita da dubbi stilistici evidenti tra le due versioni attribuite al Da Sesto e supportata da una diversa interpretazione degli archivi storici. Si può asserire con altrettanta certezza che nel caso questa attribuzione fosse condivisa e storicizzata le quotazioni di tale opera aumenterebbero in maniera esponenziale.

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